E chi, se non lui? Passa il Presidente degli Stati Uniti d’America e gli dice: “Ah Mario, non famo scherzi: tu resti a Chigi e ar Quirinale ce lasciamo Mattarella”. Perché in romanesco? Perché il metalinguaggio della politica e della satira hanno decretato la variante romana lingua operazionale. È un fatto. Frau Merkel è pazza di lui, tanti anni in Germania a discutere di tassi e di bond. Draghi è un mago. Non parla anche inglese. Al contrario, la cosa stupefacente è che parla anche in italiano. Con quei tentennamenti scicchissimi, che significano: come dite voi in italiano? Draghi, diciamola tutta è il leader dell’Europa selezionato dall’Europa come la più matura e operativa risorsa umana.

Il G20 è stato un trionfo del cerimoniale, dei corazzieri, dell’euro con l’uomo vitruviano gettato nella Fontana di Trevi, grande eleganza, charme, leadership. Draghi è quello che di fronte ai tre segretari confederali che cercano di incastrarlo ponendo condizioni, si alza e dice “Scusate signori, ho un impegno” e ciao-ciao. Con quella faccia da straniero, quella faccia da meticcio europeo, fa rosicare quel certo tipo di sinistra e quel certo tipo di destre. Ha murato col cemento quell’area occupata dal commercio sottobanco che faceva della politica una cattiva politica, ma anche la pozza di sguazzo per pedaggi e trattative occulte.

Ma andiamo al sodo: che cosa ha vinto al G20? Non la battaglia sul clima, perché la Cina ha mandato a dire che se ne fotte e che seguiterà a vomitare fumi per altri trent’anni, ma ci riempirà in compenso di giocattoli tecnologici a caro prezzo. Neppure sul Covid perché non c’era molto da ottenere sul piano pratico se non la capacità di agire con prontezza ed essere sapienti, vedi il divertente Boris Johnson. E allora dove si vede che Draghi ha vinto? Ha vinto, secondo noi, facendo passare il concetto della globalizzazione esistenziale e non soltanto economica. Ha usato proprio la parola “esistenziale”. E ha fatto capire che, a prescindere dalla bontà posseduta, è un ottimo affare investire sulla bontà: si deve spendere sui poveri, sulle minoranze di qualsiasi tipo e genere. – e dunque ha messo in bella copia ufficiale la linea di papa Francesco che era il convitato invisibile, tutt’altro che di pietra, dell’adunata dei Grandi della Terra.

Ed è, se ci fate caso l’uovo di Colombo (da non nominare perché impopolarissimo di questi tempi) perché una globalizzazione dei problemi dell’esistenza umana porta inevitabilmente alla globalizzazione delle soluzioni. Se il tuo problema diventa il mio problema e lo risolviamo insieme, questo è un grande vantaggio economico, non nel solito senso del denaro dei capitalisti nonché sterco del diavolo. Ma nel senso della produzione e distribuzione della ricchezza. Questa l’idea di Draghi che già ieri mattina rimbalzava su Glasgow dove è in corso l’altro summit scozzese dedicato solo al clima. Poi durante il G20 i lupi si sonio fatti agnelli, le volpi abbracciano i tacchini ed ecco l’elegante von der Leyen tendere la mano al rustico Erdogan che accetta anche di stringere quella dello stesso Draghi che l’ultima volta lo aveva definito «uno di quei dittatori che purtroppo ci sono e con cui bisogna avere a che fare».

Pace fatta. E Biden chiede scusa a Macron per la faccenda dei sottomarini per l’Australia scippati dagli Stati Uniti che hanno offerto quello a propulsione atomica: “It wasn’t very nice”, non siamo stati molto gentili, sorry monsieur le president. Soltanto Putin si affaccia dal video e dice: ci volete comprare il nostro vaccino Sputnik o vi devo far pagare più cara la bolletta del gas? Imbarazzo, ma non troppo: vi aiuteremo, compagno Vladimir Vladimirevic. Draghi ha ordinato e controllato tutti i dettagli, la coreografia che è la cosa più facile in una città come Roma, ma ha controllato l’agenda mondiale candidandosi a leader europeo con vista sui due oceani. L’America ha un problema: sta andando dritta verso lo scontro militare con la Cina, ma non vuole, non vorrebbe perché i cinesi sono indispensabili. Bisogna salvarli dalla guerra che non vuole nessuno, scoraggiando con garbo il presidente cinese. Draghi è romano e per lui il motto “Whatever it takes”, a qualsiasi costo, è diventato prima “Whatever works”, purché funzioni e poi il romano “Se pò fa: ma ce serve uno pratico”. Mister Draghi, per esempio.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.