Le sfide del governo
Draghi risolutore? Non lo abbiamo ancora visto…
Tutti ormai ripetono a proposito del Piano di ripresa e resilienza approvato dalla Commissione Ue l’espressione “mettere a terra” – che ormai come “ narrazione” e “ piuttosto” in luogo di una disgiuntiva sta diventando di impiego diffuso – con riferimento all’avvio della sua attuazione. È importante che si intenda “mettere a terra” nel senso del passaggio metaforico dal banco di prova al funzionamento effettivo o del collegamento di un impianto elettrico con la terra e non nell’altro significato, che pure l’espressione ha, cioè quello di abbattere, di prostrare.
Ma per l’avvio della realizzazione del Piano – per il quale dopo il definitivo varo da parte del Consiglio europeo a luglio, l’Italia potrà avere l’anticipo di 25 miliardi circa – occorre non solo iniziare ad attuare le misure innovative previste, quali quelle della transizione ecologica e tecnologica, ma anche, e soprattutto, le riforme di struttura che sono strettamente legate alle innovazioni stesse. Queste riforme sono condizione non solo perché, a regime, le innovazioni possano dare i loro frutti, ma anche perché lo sviluppo della loro realizzazione possa avvenire in maniera tempestiva ed efficace. Ma da questo punto di vista le prospettive non sono nette. Già da qualche parte si ipotizza il rinvio della riforma della giustizia, anche di quella civile, all’autunno. Le riforme del fisco, della pubblica amministrazione e della concorrenza non sono passaggi facili, date le distanze, su questi temi, nella maggioranza.
Già l’incombente scoglio del blocco dei licenziamenti non è facile da superare. Quest’ultimo, comunque, evoca la necessità di una riforma degli ammortizzatori sociali e di alcuni istituti del rapporto di lavoro, pure essi non semplici da realizzare. Eppure l’attuazione delle riforme sarà condizione perché la Commissione Ue proceda nell’erogazione delle diverse “ tranche” delle risorse, sia per i prestiti, sia per le sovvenzioni. La valutazione semestrale degli stati di avanzamento del Piano costituirà una sorta di “ vincolo esterno”, fatti i dovuti cambiamenti rispetto a quello del passato. Sarà un controllo da alcuni desiderato, da altri da prospettare come uno spauracchio per le conseguenze che ne possono derivare se non si ottempera agli impegni del Piano. Ma qui sopravviene il punto dolente: di fronte a eventuali divisioni dei partiti della coalizione di Governo, il Premier non potrebbe stare in una inoperosa attesa, come appare per la normativa dei licenziamenti. Egli dispone dei poteri di indirizzo e di coordinamento della compagine dell’Esecutivo. Non sarebbe accettabile che non avanzasse, a un dato punto, sue specifiche proposte. Egli non è un notaio, né un tribuno della plebe, né un commentatore.
D’altro canto, non può incarnare lo stile di un moderno Quinto Fabio Massimo che “cunctando restituit rem” perché, nell’eventuale perdurante inerzia, non si salva lo Stato, ma si provocano a catena solo conseguenze negative. È abbastanza facile sollevare problemi, emettere giudizi, stigmatizzare e prospettare. Poi, però, bisogna passare alle “res”, alle cose, non più alle sole “verba”, alle parole. La denuncia di ritardi è importante, ma poi occorre agire. E in questa direzione vi è anche il ruolo di proposta che il Premier può esercitare soprattutto qualora si debba superare un’impasse o comunque operare per un’ampia convergenza di posizioni. All’inizio dell’insediamento, Draghi fece dire che da allora in avanti si sarebbe parlato solo con i fatti. Così non è, però, accaduto: i fatti non sono stati molti e la comunicazione da Palazzo Chigi a volte abbondante, a volte carente e spesso confusionaria.
È il momento di rimediare, anche perché la comunicazione istituzionale non può non essere parte integrante di un Piano come quello che si dovrà attuare, lo sia o no formalmente. Il prestigio di cui Draghi gode va fatto valere. Del resto, non sono state finora abbondanti le descrizioni – che probabilmente infastidiscono proprio l’ex Presidente della Bce – di una sua funzione taumaturgica, di un suo ruolo di “ risolutore”?
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