Il report
Dramma carceri: sovraffollamento, Covid e caldo rendono le celle un inferno
Dopo il Covid è il caldo la nuova minaccia nelle carceri. Come ogni anno l’arrivo dell’estate ripropone, infatti, l’annoso problema del caldo asfissiante che rende più difficile la vita dei detenuti e il lavoro degli agenti penitenziari all’interno delle prigioni campane trasformando la vita nelle celle e nei padiglioni in un vero e proprio inferno. Il sovraffollamento non aiuta. Così come nel periodo di picco dell’emergenza pandemica, il problema del numero spropositato di persone presenti nelle celle rischia di essere aggravato dall’arrivo del caldo estivo. Vivere in sei o in otto in uno spazio di pochi metri quadrati, d’estate, diventa ancora più insostenibile. Quali diritti saranno tutelati? Se lo chiedono i garanti e tutti coloro che non riescono a restare indifferenti di fronte ai drammi del mondo penitenziario pensando che la pena non debba essere solo afflizione e che la Costituzione vada rispettata anche quando stabilisce che la reclusione deve tendere alla responsabilizzazione e alla rieducazione del condannato. Sarà assunta qualche iniziativa in tal senso oppure la politica continuerà a essere orba?
I report sulle criticità e sulle buone prassi di ciascun istituto penitenziario campano, stilati nell’ultimo mese dal garante regionale dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello, fotografano la realtà del “mondo carcere” nella sua attuale complessità. Uno spiraglio di luce nel buio dei vari problemi irrisolti sembra essere l’iniziativa presentata proprio ieri per dare lavoro ad alcuni detenuti delle carceri di Poggioreale e Secondigliano. Nei prossimi due anni i detenuti a basso indice di pericolosità, provenienti dalle case circondariali Pasquale Mandato e Giuseppe Salvia, saranno impiegati in lavori di manutenzione e conservazione del decoro nello stadio militare Albricci, occupandosi principalmente di pulizia delle aree esterne e della cura del verde. Lo stabilisce il protocollo firmato da garante, Esercito, Dap e Tribunale di Sorveglianza di Napoli: un primo passo importante, a patto che non resti l’unico.
Qui Napoli
Niente chance di reinserimento social ma ora una speranza per i reclusi c’è
Niente chance di reinserimento social ma ora una speranza per i reclusi c’è
Poggioreale e Secondigliano, le due grandi realtà carcerarie di Napoli, diventano protagoniste di un progetto di reinserimento sociale dei detenuti presentato proprio ieri dai vertici dell’amministrazione penitenziaria e il garante regionale, con il Tribunale di Sorveglianza e il Comando delle forze armate del Sud. Una novità nel panorama di criticità e sovraffollamento, difficoltà sanitarie e problemi di vivibilità, che si vive in cella. Il progetto prevede che per i prossimi due anni i detenuti a basso indice di pericolosità saranno impiegati in lavori di manutenzione e conservazione del decoro nello stadio militare Albricci, occupandosi del verde e delle aree esterne. L’obiettivo del progetto è fare “rete” sul territorio e promuovere azioni concrete per il recupero sociale delle persone detenute che si impegnano a cambiare il proprio percorso di vita e in un certo senso a restituire alla collettività ciò che stato tolto con il reato.
Qui Salerno
Troppi detenuti, pochi educatori e agenti in cella boom di atti di autolesionismo
Troppi detenuti, pochi educatori e agenti in cella boom di atti di autolesionismo
Nelle carceri salernitane il rapporto è di un agente ogni due reclusi. Il report sui numeri e sulle criticità dei penitenziari salernitani (Salerno, Fuorni, Eboli, Vallo della Lucania) svela i nodi irrisolti sul fronte controlli e sicurezza. E la sproporzione è evidente se si considera che, a fronte di un numero di agenti pari alla metà di quelli che sarebbero necessari (e la carenza negli organici è altrettanto seria anche per quanto riguarda il personale socio-educativo), ci si ritrova a fare i conti con un numero di detenuti che è più alto di quello previsto. Ed ecco che con una popolazione detenuta di 537 persone, a fronte di una capienza regolamentare di 482 posti, il sovraffollamento diventa la principale piaga che, sommata ad altre criticità, genera un cocktail scarsamente sostenibile. Solo nel carcere di Fuorni, il quarto della Campania, nell’ultimo anno si sono contati 122 atti di autolesionismo, un suicidio, 93 casi di sciopero della fame.
Qui Caserta
Le violenze denunciate a Santa Maria Capua Vetere sotto la lente d’ingrandimento dei pm
Le violenze denunciate a Santa Maria Capua Vetere sotto la lente d’ingrandimento dei pm
Tre suicidi, 59 tentati e poi gli episodi di violenze denunciati da alcuni detenuti e ora al centro di un’inchiesta della Procura che dovrà accertare se e come sono avvenuti quei fatti. Nelle carceri casertane sono i numeri a descrivere la realtà della vita in cella. Una realtà che condividono 1.527 persone, divise tra le strutture di Carinola, Santa Maria Capua Vetere, Arienzo, Aversa e la rems di Calvi Risorta. Praticamente un mondo, un mondo ancora a parte, distante dal territorio circostante per le criticità e le carenze che ancora non si è riusciti a risolvere. L’avvio dei lavori per la condotta idrica nel carcere sammaritano, inaugurato qualche mese fa dopo oltre vent’anni di attesa, è sembrato una grande conquista. Ma la vera sfida sarà dotare queste strutture di personale a sufficienza per rendere la pena in linea con la funzione di rieducazione prevista dall’articolo 27 della Costituzione repubblicana.
Qui Benevento e Avellino
Attività rieducative e assistenza sanitaria bloccate dalla solita burocrazia
Attività rieducative e assistenza sanitaria bloccate dalla solita burocrazia
«Il campo sportivo – ricorda il garante Samuele Ciambriello – fu occupato quasi trent’anni fa da paletti perché si temeva che potesse arrivare lì un elicottero e favorire la fuga di un boss all’epoca detenuto. Da allora sono trascorsi trent’anni e il campo sportivo è ancora inutilizzabile». Il riferimento è al campo sportivo di Avellino, esempio di situazioni rimaste invariate da troppo tempo, di una criticità legata agli spazi della pena che da Avellino si estende a molte altre strutture detentive della Campania. Stesso discorso per l’assistenza sanitaria, soprattutto in campo psichiatrico. A Sant’Angelo, per esempio, potrebbero esserci sette detenuti malati di mente e ce n’è uno solo perché manca lo psichiatra. Stesso discorso per il carcere di Benevento dove sanità e attività di rieducazione devono essere la priorità se si vuole evitare il bilancio dello scorso anno: due suicidi, decine di tentati suicidi, scioperi della fame, atti di autolesionismo.
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