Tra suicidi e neonati sbattuti in cella senza un minimo di raziocinio prosegue il dramma silenzioso delle carceri italiane. Nonostante le denunce di garanti, associazioni e qualche politico, il tema continua a lasciare indifferenti cittadini e, soprattutto, la politica, abituata ai soliti proclami mai seguiti da fatti. Anzi, l’unico fatto è che il ministero della Giustizia guidato da Carlo Nordio ha stanziato fondi per costruire nuove carceri. Il weekend in corso regala, si fa per dire, due episodi che cristallizzano al meglio il disinteresse totale delle istituzioni verso il carcere. Il primo riguarda il piccolo Aslan, il neonato di un mese ‘ospitato’ per qualche giorno, fino a sabato 3 febbraio, in una cella della Casa Circondariale Lorusso e Cotugno di Torino.

Neonato in cella, la follia della giustizia italiana

Il piccolo, di nazionalità romena, è stato trasferito, dopo il clamore mediatico avvenuto tra l’altro negli stessi giorni in cui l’Italia si indigna per le condizioni disumane di Ilaria Salis in Ungheria, nell’Istituto a custodia attenuata per madri detenute. E dove si trova questa struttura? Sempre lì, all’interno del perimetro del complesso penitenziario, in una palazzina separata. Solo che madre e figlio non potevano finire sin da subito lì perché occorreva un provvedimento del gip di Pistoia che probabilmente manco era stato informato della gravità della situazione. Vi rendete conto di come funziona la giustizia italiana?

Allarme suicidi in carcere: 15 da inizio 2024

Il secondo episodio riguarda una piaga che anno dopo anno diventa sempre più emergenza: i suicidi in carcere. Il 2024 è iniziato con numeri raccapriccianti, in poco più di un mese sono almeno 15 le persone che si sono tolte la vita in cella. E ci sono carceri dove i suicidi avvengono con una frequenza disarmante come quello di Poggioreale a Napoli (tre in 10 giorni a gennaio) e quello di Montorio a Verona (sei in pochi mesi).

Due i suicidi nelle ultime 24 ore: il primo nel carcere Montorio di Verona dove un detenuto ucraino si è tolto la vita. Una morta annunciata – secondo l’associazione Sbarre di Zucchero – perché già ad inizio gennaio l’uomo aveva provato a farla finita tagliandosi la gola. Al suo rientro in carcere, dopo il ricovero, era stato collocato in sesta sezione (infermeria) ed è lì che ieri sera si è impiccato.

“Come è possibile che non si sia stati in grado di evitare questa morte? Come è possibile che tale disagio psichiatrico non sia stato adeguatamente intercettato e preso concretamente in carico? Cosa sta succedendo nel carcere di Montorio? Ma, soprattutto, cosa stanno facendo direzione ed amministrazione comunale per evitare che questo Istituto continui ad essere tristemente noto come“il carcere della morte”?” chiede l’associazione che da tempo si batte per tutelare i detenuti e denunciare episodi disservizi e violenze che avvengono nelle carceri italiane.

Due suicidi nelle ultime 24 ore a Montorio e Carinola

Sbarre di Zucchero che annuncia un presidio davanti alla sede del Comune di Verona presieduto dal sindaco Damiano Tommasi. “Quanti altri Farhady, Giovanni, Oussama, Antonio dovremo seppellire prima che si ammetta il totale fallimento nella gestione di un carcere che ai suoi reclusi offre solo abbandono e disperazione?” conclude la nota firmata da Monica Bizaj, Micaela Tosato e Marco Costantini.

Il secondo suicidio della giornata avviene in Campania, nel carcere di Carinola (Caserta) e riguarda un uomo di 58 anni. A denunciarlo il garante regionale Samuele Ciambriello che ricorda i numeri di inizio 2024: è il quarto in Campania, il quindicesimo in Italia. Ciambriello, che è anche portavoce nazionale della Conferenza dei garanti locali dei detenuti, attacca: “La tendenza drammatica dei suicidi in carcere in Italia è sorprendente soprattutto per la politica che è indifferente e vive un silenzio. Il tasso di suicidi in carcere è 20 volte superiore ai suicidi delle persone libere. Occorrono risposte concrete qui e ora, prima che ci sia l’irreparabile”.

“Di troppe speranze deluse si continua a morire in carcere. C’è un trend drammatico, occorre intervenire sull’organizzazione delle carceri, sul numero di psicologi, psichiatri ed educatori, figure di ascolto e di mediazione, ma anche sul numero dei progetti di inclusione sociale, di lavoro. Occorre intervenire sulla concezione educativa che non c’è dentro il carcere. Il carcere non è un male necessario Occorre intervenire anche sulla coscienza civica rispetto a chi considera il carcere una risposta semplice a bisogni complessi, in primis la sicurezza” conclude.

Avatar photo

Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.