Solo un laureato su tre, ad un anno di distanza dal titolo di studio, accetterebbe una retribuzione di circa 1.250 euro al mese. E ancora: tre laureati su quattro sarebbero invece favorevoli ad accettare un lavoro non coerente con gli studi. Sono sono alcuni dei dati raccolti dal 26esimo rapporto dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea sulla condizione occupazione dei giovani “dottori” italiani. Un focus che ha coinvolto circa 660mila laureati provenienti da 78 atenei e che cristallizza la condizione occupazionale a uno, tre e cinque anni dal conseguimento della laurea.

Un focus dove emerge principalmente un aspetto: in cambio di uno stipendio “idoneo” i giovani laureati sarebbero intenzionati anche a cimentarsi in professioni non proprio in linea con il titolo di studio acquisito. Nel corso della presentazione del rapporto, avvenuta nell’aula Magna dell’Università degli Studi di Trieste, a un anno dal titolo tra i laureati di primo e di secondo livello, non occupati e in cerca di lavoro, la quota di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1.250 euro è pari, rispettivamente, al 38,1% e al 32,9%; tali valori risultano in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente, di 8,9 e di 6,8 punti percentuali”.

Stipendi netti al ribasso, all’estero sono più alti del 50%

Lo stipendio netto, a un anno dal titolo, è pari a 1.384 euro per i laureati di primo livello mentre sale a 1.432 euro per quelli di secondo livello. Retribuzione netta che, a cinque anni dal conseguimento del titolo, è pari a 1.706 euro per i laureati di primo livello e a 1.768 euro per quelli di secondo livello. Cifre impietose se vengono paragonate con quelle percepite all’estero: complessivamente i laureati di secondo livello trasferitisi all’estero arrivano a guadagnare, a un anno dalla laurea, 2.174 euro mensili netti, +56,1% rispetto ai 1.393 euro di coloro che sono rimasti in Italia. A cinque anni dalla laurea il differenziale retributivo aumenta ulteriormente, sempre a favore degli occupati all’estero: 2.710 euro; +58,7% rispetto ai 1.708 euro degli occupati in Italia.

Nell’ultimo anno, il 2023, il tasso di occupazione tra i neolaureati, a 12 mesi dal titolo, è stato del 74,1% tra i laureati di primo livello e del 75,7% tra i laureati di secondo livello, in lieve calo dal 2022. Cresce, per fortuna, la percentuale di quanti ritengono che la laurea li abbia aiutati: tra i neolaureati il titolo è “molto efficace o efficace” per il 61,7% degli occupati di primo livello e per il 69,5% di quelli di secondo livello (valori in aumento, nell’ultimo anno, rispettivamente di 2,4 punti percentuali e di 0,8 punti). Più in generale tra i laureati cresce la soddisfazione: il 90,5% dei laureati si dichiara soddisfatto del percorso intrapreso (nel 2013 era pari all’86,0%) e un 72,1% confermerebbe la scelta sia del corso sia dell’ateneo.

Uno studente su tre lascia il Sud e va lontano da casa

La migrazione universitaria si conferma in tendenziale aumento ed è quasi sempre dal Sud Italia al Centro-Nord: uno studente meridionale su tre dopo il diploma sceglie un ateneo che si trova a centinaia di chilometri da casa. Le forme di lavoro più diffuse, tra i laureati occupati a un anno dal titolo, sono i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato (34,9% tra gli occupati di primo livello e 26,5% tra quelli di secondo livello), i contratti a tempo determinato (30,0% e 25,1%, rispettivamente) e i contratti formativi (17,5% e 25,0%, rispettivamente).

Redazione

Autore