Del caso di Nyome Nicholas-Williams non si è parlato molto in Italia. Eppure nelle settimane scorse ha fatto scalpore. La storia è presto detta: Nyome è una modella “plus-sized” inglese di colore che ha pubblicato su Instagram la foto che vedete qui sotto. E la foto è stata immediatamente rimossa dall’editore Instagram perché avrebbe violato le linee guida della piattaforma. Dico “editore” apposta, perché le multinazionali dei social come Facebook – che è la proprietaria di Instagram – negano da sempre di svolgere un ruolo editoriale. Si dichiarano semplici aggregatori di contenuti che vengono poi “pubblicati” grazie a complessi sistemi algoritmici, e questo naturalmente li tiene al riparo da qualunque regolamentazione e vincolo a cui gli editori devono sottostare. E questa è la prima ipocrisia, perché il controllo editoriale lo esercitano eccome, ma senza che si dica troppo in giro.

Ricordiamo tutti che la stessa Facebook ai primi di agosto aveva rimosso un post dalla pagina del presidente Usa Donald Trump, spiegando che conteneva affermazioni ritenute fuorvianti sulla pandemia di Coronavirus. E quindi censurando il presidente degli Stati Uniti e assumendosi in pieno una responsabilità editoriale. Dunque l’editore Instagram rimuove la foto di Nyome e ne nasce una grossa polemica, dopodiché la foto torna al suo posto con tante scuse. Ma resta la domanda: perché in mezzo a un quantitativo enorme di foto e video ben più espliciti che girano su Instagram e che sarebbero materiale prezioso per un’enciclopedia sul libero uso che le donne fanno del loro corpo, proprio l’immagine di Nyome viene tolta? Perché questa evidente disparità?

Le risposte cominciano a fioccare: perché è nera; perché è grassa; oppure tutte e due. E lei lo denuncia: come mai viene censurato il mio colore (o il mio corpo, o tutt’e due) quando tantissime donne bianche e magre (e ritoccate) espongono le proprie grazie in modo molto più manifesto e nessuno batte ciglio né tantomeno si sogna di rimuoverle? Attorno alla domanda di Nyome si crea un forte movimento di supporto – siamo fra l’altro in pieno Black Lives Matter. L’editore Instagram si arrende e ammette l’errore. Ma non spiega di che errore si sia trattato, dunque non sappiamo cosa non andasse bene della foto di Nyome, e lei a questo punto vuole saperlo. E sta aspettando una risposta. Il sospetto è che si sia trattato di una valutazione puramente estetica, ma è un sospetto. E qui veniamo alla seconda ipocrisia: l’imposizione della tolleranza che si è diffusa nel nostro mondo e che obbliga a non trattare mai nessuno come un diverso, che prescrive l’etichetta dell’accettazione dell’altro a tutti i costi e obbliga a definirlo con mille attenzioni per non offenderlo, ha il suo immancabile rovescio, e i social ne sono il braccio armato: sì sì, a parole siamo tutti uguali, tutti con gli stessi diritti e tutti accettabili allo stesso modo, ma se sei magra, bella, bianca e giovane, è molto meglio.

Quindi l’imposizione della tolleranza si scontra con la dittatura dell’estetica, che ha da sempre un valore commerciale preponderante, e che oggi da dittatura si è fatta impero: sono due forze davvero dominanti nel nostro mondo, e quando si scontrano succede il patatrac, perché insieme non si riesce proprio a tenerle. E questo vale tanto più se pensiamo a come l’impero dell’estetica nel nostro mondo nasca dal potere dell’immagine, vera padrona delle nostre vite e della misura che diamo al mondo e a noi stessi. Siamo bombardati dalle immagini, in qualunque istante della nostra giornata. Mentre silenziosamente recedono il pensiero soggettivo e la parola, le immagini conquistano con forza tutto lo spazio dell’interazione umana e lo dominano. Ne dipendiamo totalmente.

E allora sarebbe necessario lavorare su quelle, perché le immagini nutrono costantemente il nostro immaginario e quindi determinano le nostre azioni. Diventa allora importante ricordare sempre – e questo vale in particolare per gli utenti dei social e per le generazioni più digitali – che chi ci somministra le immagini oggi è principalmente qualche algoritmo detenuto da qualche multinazionale di internet che da quell’algoritmo deve guadagnare tonnellate di soldi per poi presentare relazioni trimestrali da sogno. E che anche un algoritmo, essendo comunque prodotto da un essere umano (perciò fallibile) e a scopo commerciale, può avere un pregiudizio. Di questo dovrebbe occuparsi, e molto, la politica, perché la potenza degli algoritmi di Facebook o Google sta inesorabilmente definendo la forma del mondo che verrà, eventualmente anche con tutti i suoi pregiudizi.

La buona notizia è che lo scalpore suscitato dalla foto di Nyome ha spinto l’editore Instagram a rivedere le proprie linee guida, particolarmente in relazione ai corpi in sovrappeso di persone di colore. Ma finché le linee guida continueranno a scriversele da soli, dovremo abituarci ancora per un po’ a vedere casi come questo. Non c’è nulla di più ipocrita dell’universo social.