La scomparsa improvvisa a 67 anni
È morto Alfonso Nannariello, il lutto improvviso del professore poeta: “Addio Capitano, mio Capitano”
Alfonso Nannariello arrivava come la tramontana, un’ora d’aria. Dei professori, non era di quelli che minacciavano l’estate, i weekend, che ventilavano debiti e materie rosse e bocciature. Le sue ore, di religione, una alla volta e facoltative, non avevano quell’aria tesa da versione di latino o interrogazione in fisica. E per questo partiva avvantaggiato, in quanto a simpatia, per gli studenti che in questi giorni lo hanno pianto a centinaia, a migliaia, generazioni di ex ragazzi. La prima lezione, sempre uguale per tutti: “Dio, esiste?”.
Nannariello, classe 1955, è morto ieri mattina all’improvviso. E con la famiglia lo piange la sua Calitri, lo piange l’Alta Irpinia e certi paesini da quelle parti. Il prof era stato poeta, scrittore, studente in seminario che aveva rinunciato al sacerdozio e che il sacro lo aveva indagato nella vita di tutti i giorni. L’aria da monaco guerriero che cerca il suo centro. Il sorriso talvolta smaliziato di chi il mondo lo ha visto, con il suo wild side e tutto e che male c’è e per questo coglieva. Le sue lezioni portate in classe a passo svelto portavano in aula certi spigoli del mondo fuori. Erano soprattutto curiosità, fuoco alla banalità.
Partiva avvantaggiato Nannariello, nelle classifiche di simpatia dei prof. Poi ci metteva il suo: che erano ironia, leggerezza, la gentilezza, la confidenza e la sensibilità che in queste ore dichiarano in tanti che con il prof parlavano, la capacità di reagire o pazientare alle esuberanze di quelli che steccavano il fumo a ricreazione o dei primi della classe che capitava prendessero la sua come l’ora dei giochi. Chissà come avrebbe preso questi fiumi di retorica – piccole rivelazioni e grandi confessioni – postati una volta che la notizia ha preso a circolare. Quando si piange di questa maniera si piangono anche certi anni e quei personaggi che li hanno attraversati o abitati e mai da comparse.
Lo hanno ricordato anche due protagonisti, anime di quelle parti come Vinicio Capossela e Franco Arminio. “Sapeva riconoscere il senso del Sacro che abita l’uomo in ogni sua forma, senza mai trascurare la carne di cui siamo fatti. I suoi scritti decifrano il mondo che ha abitato a partire dalla lingua, quel dialetto che definiva ‘senza grasso di vocali’ e poi, ogni memoria, ogni stralcio di rito passato al setaccio, rielaborato e posto in relazione con la più ampia cultura che tutti ci comprende. Una persona gentile, sempre attenta al prossimo, dalla mente complessa, agitata e infebbrata”, ha scritto il cantautore. “Mi ricordo il suo racconto della morte del padre, mi ricordo le sue conversazioni sempre verticali: da ogni punto della sua parola si vedeva Dio, ma era un Dio attorcigliato nel suo stesso mistero che poi è il mistero in cui viviamo noi tutti. Alfonso era contratto, come sono stato contratto sempre anche io. Abitavamo luoghi diversi della stessa tensione. E abbiamo avuto gli stessi rapporti difficili con la nostra Irpinia, una terra di esemplare durezza con chi tenta di scuoterla, di indagare il suo astio”, ha scritto il poeta paesologo.
Quelle terre, terre dell’“Osso”, il professore poeta non solo le abitava, osservava, ne scriveva, le raccontava. Si impegnava, era attivo sul territorio come quelli che dai quasi per scontato e che alla fine lasciano un vuoto, enorme nella comunità. Forse incolmabile. Alfonso Nannariello, lo hanno salutato in tanti così: “O Capitano, mio Capitano”.
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