Non aveva mai confessato il delitto di Milena Sutter. Lorenzo Bozano, 76 anni, per quel rapimento e per quell’omicidio fu condannato all’ergastolo. Sutter aveva 13 anni ed era figlia di un industriale di Genova. La ragazzina sparì nel nulla e fu ritrovata nel maggio 1971 due settimane dopo in mare. Bozano – che divenne il “biondino della Spider Rossa”, l’automobile che il giorno della scomparsa passò ripetutamente davanti alla scuola di Milena – è morto, all’Isola d’Elba, dove stava scontando la pena in semilibertà. Un malore lo ha colto mentre nuotava.

“Sono vittima di uno dei più orribili errori giudiziari”, ripeteva Bozano a ogni occasione. Gli investigatori si orientarono verso di lui dopo le dichiarazioni di alcuni testimoni, tra cui numerosi compagni di scuola di Sutter che lo avevano visto nei pressi della scuola frequentata dalla ragazza. La fantomatica “Spider Rossa” era un’Alfa Romeo sgangherata. Gli investigatori in una perquisizione trovarono un foglietto con tre parole scritte: “Affondare, seppellire, murare”.

Milena Sutter aveva 13 anni ed era figlia di un industriale svizzero trasferitosi a Genova e attivo nel ramo dei detersivi. Frequentava la terza media di una scuola Svizzera. Scomparve all’uscita dell’Istituto, forse il migliore della città all’epoca, in anni in cui episodi simili non erano così rari in Italia. Ai familiari arrivò una richieste di riscatto: “Se volete rivedere Milena viva portate 50 milioni nella prima aiuola di Corso Italia”. Il corpo della bambina riaffiorò dal mare della spiaggia di Priaruggia il 20 maggio. L’autopsia stabilì che era morta per strangolamento e che prima di essere buttata in acqua, appesantita da alcuni piombi, era stata seppellita. Bozano non aveva un alibi, era considerato un ragazzo viziato, perditempo, un mezzo vitellone. Un sub dilettante imparentato con gli armatori Costa. Il padre un paio di anni prima lo aveva denunciato in Questura definendolo “uno psicopatico capace di qualsiasi delitto”.

Bozano ammise di trovarsi nei pressi della scuola quel giorno ma mai di aver rapito la ragazzina. Al primo grado del processo fu assolto per insufficienza di prove. Due anni dopo, in Appello, la condanna, confermata nel 1976 in Cassazione. Lui era fuggito intanto in Francia, e poi in Africa, e poi ancora in Francia. L’estradizione arrivò nel 1979. Era stato fermato in quanto stava guidando senza le cinture di sicurezza, in Francia già obbligatorie all’epoca. Fu quindi recluso nel carcere di Porto Azzurro, sull’isola d’Elba. In cella Bozano continuò a professarsi innocente, partecipava alla vita del carcere, era caporedattore de La Grande Promessa, il giornale scritto dai detenuti. Quando nell’istituto di pena arrivavano i giornalisti era lui a parlare con loro.

Il beneficio della semilibertà gli fu annullato in diverse occasioni per violazioni della misura. L’ultima volta gli venne concessa nel 2019, e la sera tornava sempre in carcere. È morto nuotando davanti alla spiaggia di Bagnaia all’Isola d’Elba. Forse per un infarto. Il suo caso e quello della 13enne di Genova sconvolsero per giorni l’opinione pubblica. “Non voglio fare dichiarazioni anche per rispetto del dolore della famiglia Sutter. Se si chiede umanità per se stessi, bisogna offrirla anche agli altri”, aveva dichiarato in un’intervista lo scorso maggio al Secolo XIX.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.