Eravamo il primo “gruppo giustizia” di Forza Italia quando Silvio Berlusconi vinse le elezioni nel 1994, Alfredo, Memmo e io. Ministro della giustizia, sottosegretario e presidente della commissione alla Camera. Da ieri, dopo Biondi, anche Memmo Contestabile non c’è più. Se ne va una storia, e anche un po’ di quel che è stata la Forza Italia del sogno, del progetto di cambiamento nel cunicolo stretto dell’amministrazione della giustizia e della sua riforma.

Con una visione del processo, delle sue regole, ma anche dell’esecuzione della pena e dell’inutilità del carcere che aveva riunito con facilità la cultura liberale di Biondi e quella del vecchio socialista Contestabile, insieme alla ribelle radicale. Memmo era il più colto, ma quanto a ironia era una sfida continua tra lui e Alfredo. E tutti e tre riuscimmo persino a ridere su noi stessi dopo la prima bruciante sconfitta per esser stati costretti a ritirare, dopo solo sei giorni di vita, il famoso “decreto Biondi”. Quello che i talebani amici di Travaglio ancora oggi chiamano “salvaladri”, ma che nulla era se non una modifica della custodia cautelare che oggi non scandalizzerebbe più nessuno.

Ma in quei giorni, dopo la sortita televisiva degli uomini del pool e il famoso “disconoscimento di paternità” del ministro Bobo Maroni che aveva ritirato la firma, quella sosta forzata sulla via delle riforme fu il segnale della fine del sogno di giustizia e contribuì alla successiva caduta del primo governo Berlusconi. Memmo teneva banco, in quei giorni, raccontando come, mentre lui e Biondi correvano dal ministero alla Camera e poi al Senato, bande di cittadini inferociti li ricoprivano di sputi. Naturalmente non era vero, ma la sua fantasia descriveva il clima.

Il che mi riporta a un altro ricordo, e anche questo fa parte della storia della sconfitta delle prime battaglie garantiste degli anni novanta. Siamo a Napoli per la Conferenza internazionale sulla sicurezza, presieduta dal capo del governo. Che si chiama Silvio Berlusconi, e che viene raggiunto, mentre la sua figura è sotto i riflettori del mondo intero, da un invito a comparire degli uomini del pool, comunicato per via gogna mediatica dal Corriere della sera. Anche quella volta eravamo noi tre, a testa alta, al fianco del nostro Presidente, ma soprattutto della sfida sulle garanzie per ogni cittadino. Tutto quel che viene dopo ha poca importanza. La nostra battaglia l’abbiamo persa allora e quel tempo, quel sogno di giustizia difficilmente potranno tornare. Ciao Memmo, amico mio. Grande uomo, grande avvocato, grande garantista. Oggi mi sento più sola.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.