A darne notizia è stata Norma Gimondi, figlia di quel Felice che in strada era stato sua grande avversario negli anni Settanta. È un Natale triste per gli appassionati di ciclismo e di sport: è morto all’età di 85 anni Vittorio Adorni, campione indimenticata e vincitore tra le altre cose di un Giro d’Italia nel 1965 e del Mondiale su strada del 1968.
Nella sua non lunga carriera, fu professionista dal 1961 al 1970, il ciclista nato San Lazzaro Parmense il 14 novembre 1937 vinse un totale di 60 corse e indossò la Maglia Rosa, simbolo del primato al Giro d’Italia, per 19 giorni.
Adorni è morto poche ore dopo il ricovero nell’ospedale di Parma, avvenuto venerdì 23 dicembre. Di lui, su strada, si ricordano le due grandi vittorie, entrambe condite da record. Al Giro, come ricorda il Corriere della Sera, deteneva il record del distacco più ampio inflitto ai rivali nella classifica finale della corsa rosa: 11’26” a Italo Zilioli e 12’57” a Felice Gimondi, grande rivale e grande amico scomparso tre anni fa.
Il Mondiale su strada vinto nel 1968 a Imola, non distante dalla sua Parma, arrivò al termine di una clamorosa fuga in solitaria di 90 chilometri, staccando il resto del podio, composto da Herman Van Springel e Michele Dancelli, di dieci minuti.
Salì sul podio della Corsa Rosa in altre due occasioni (secondo nel 1963 e nel 1968) e tra i piazzamenti più importanti ci sono tre podi consecutivi alla Liegi-Bastogne-Liegi (tra il 1963 e il 1965) e la seconda piazza alla Milano-Sanremo nel 1965 e al Mondiale di Sallanches, nel 1964.
Ma Adorni fu anche il primo ciclista ‘moderno’ per il suo rapporto disinvolto con giornalisti e telecamere. Non a caso il grande giornalista Sergio Zavoli lo volle con sé come commentatore del “Processo alla tappa” nell’anno in cui vinse il Giro d’Italia.
Terminata l’attività agonistica è stato direttore sportivo della Salvarani e della Bianchi, oltre a presidente del Consiglio del ciclismo professionistico all’interno dell’Unione Ciclistica Internazionale.
“Con Vittorio Adorni c’era un rapporto di lunghissimo corso. Lo ricordo come un gentleman ancor prima che un campione in grado di vincere Giro d’Italia del 1965 e quell’indimenticabile Campionato Mondiale del 1968, in casa ad Imola, con un’azione incredibile e da lontano a 90 chilometri dal traguardo“, è stato il commento del presidente della Federciclismo, Cordiano Dagnoni, dopo aver appreso la notizia della scomparsa del grande campione. “Al termine della sua carriera agonistica ha sempre ricoperto ruoli importanti, nel mondo del ciclismo e non solo, come quello di presidente del Panathlon Internazionale dal 1996 al 2004. Ricordo con piacere anche le sue telecronache, sempre misurate e competenti. Inoltre, era un grande amico di mio padre Mario con cui disputò alcune Sei Giorni dietro Derny. E’ stato anche uno tra i primi a complimentarsi con me, dopo la mia elezione. Lo ricordiamo tutti con affetto“, ha concluso Dagnoni.