Cronaca
“È un inferno”, responsabile Covid di una scuola si sfoga dopo appena 10 giorni

«Dopo due settimane mi sento sconfortata. A esperienza fatta questo ruolo è drammatico: è tutto infernale e non so come riusciremo a venirne a capo». Eleonora De Murtas è uno dei famosi responsabili Covid formati dall’Istituto superiore di sanità per monitorare e gestire i contagi nelle scuole. 62 anni, professoressa di scienze, insegna nel Liceo Majorana di Roma, riaperto agli studenti da soli 11 giorni. È stata nominata a inizio mese, non ha ancora tra le mani un caso di coronavirus vero e proprio e già è nel pieno della confusione.
Il corso, come migliaia di suoi colleghi in giro per l’Italia, lo ha fatto online, sulla piattaforma EDUISS. Nove ore di insegnamenti per due obiettivi principali: curare e aggiornare l’informazione sul virus e i dispositivi di protezione nelle scuole e stilare un registro con i nomi dei ragazzi con il Covid o in quarantena (il tutto dopo l’attivazione delle Asl competenti e i relativi tamponi). Questo registro è fondamentale per il monitoraggio e il tracciamento vero e proprio, di cui si devono occupare i Dipartimenti di Prevenzione. Con quest’ultimi il responsabile deve dialogare.
«All’inizio sembravano non esserci problemi. Sono stata nominata insieme a tre collaboratori per due istituti e pensavamo di essere preparati al meglio, sembrava tutto abbastanza chiaro» racconta la professoressa a Il Riformista. Poi inizia la scuola e scoppia il caos. «Mi chiamano insegnanti e genitori a ogni minimo sospetto di Covid – ci spiega – se un ragazzo ha la febbre, se ci sono stati contatti tra ragazzi e altre persone che hanno avuto il Covid. Ma non sono io a dovermi occupare di questo: devono intervenire i medici di base per avviare la procedura e far scattare tamponi e quarantene. Io non ho le competenze e posso rispondere solo attraverso i protocolli».
Un lavoro estenuante, per cui non esistono sabati e domeniche e che si aggiunge alla già complicata didattica da organizzare sia in presenza che online. «Alcuni genitori si lamentano, sono agitati – si sfoga-devo subire una vera e propria aggressione tra loro e i vari colleghi ansiosi e c’è anche tanta superficialità». Per farsi aiutare la docente prova a contattare l’unico medico che ufficialmente la scuola ha potuto nominare: quello che definisce i lavoratori fragili, ma lui avendo solo quel compito non la aiuta. Intanto «mancano i contatti con i Distretti (che corrispondono alle Asl n.d.r.), dovrebbero assicurarci delle risposte immediate, ma possono essere contattati solo via mail». Per questo, dice: «Se io ho un dubbio su cosa fare non so quando posso avere una risposta».
«In tutto ciò – aggiunge – non è prevista alcuna remunerazione economica aggiuntiva: qualcosa di gravissimo». Per lei, quindi, la risposta al problema coronavirus nelle scuole sarebbe dovuta essere diversa: «Probabilmente ci voleva un medico che stazionasse in modo permanente all’interno degli istituti. Avrebbe dato risposte migliori e più opportune, con voce autorevole: così avrebbe tranquillizzato tutti. Io sto acquistando esperienza sul campo, a mie spese, ma non è lo stesso».
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