«Non risulta alcuna specificazione sulle ragioni per le quali il ricorrente è stato omesso nella valutazione a seguito dell’acquisizione degli atti sull’indagine in corso e non l’altro magistrato coinvolto, pure originario destinatario di una proposta». Così il giudice amministrativo annulla, senza esitazioni, la nomina del dott. Prestipino a Procuratore di Roma. Pietre scagliate sul Lauto Governo. Perché, al netto dello stile curiale, il Tar Lazio ci addita – senza mezzi termini – l’ennesimo abuso commesso dai signori del Csm (qui i Fab Five di Area, gli ottimi consiglieri di Unicost, il pg Salvi, oltre a un incomprensibile Davigo che nel 2019 aveva votato per Viola, ed ancora i consiglieri Marra e Pepe di A&I e i due laici 5S Benedetti e Gigliotti).

Il tutto a meno di un mese dall’altro clamoroso annullamento di 6 nomine su 6 dei membri del Consiglio direttivo della Scuola superiore della magistratura, altro fecondo terreno di pascolo del correntismo. Ma questa volta, purtroppo, assistiamo a qualcosa di assai più grave ed inquietante rispetto alla – per lo più grottesca – vicenda delle nomine della Scuola superiore, allora salutata orgogliosamente dal consigliere Cascini come capolavoro di pluralismo culturale e formativo… Ed è un qualcosa che non può lasciare indifferenti le nostre coscienze. Parliamo, difatti, dell’errore intenzionale, vera contraddizione logica. Perché con la sentenza n.1860/2021 il Tar Lazio, moderno Giudice a Berlino, ci mette al cospetto del più intollerabile degli illeciti che un consesso a prevalenza togata possa mai commettere, riassumibile nel “è cosi perché è così”. È così perché lo dico io, il Csm, con tutta la violenza morale di un’istituzione deragliata dai binari costituzionali nell’erigersi ad entità regolatrice del diritto.

Che dicono i giudici amministrativi? In pillole, che il Csm (ma sarebbe meglio dire i consiglieri di cui sopra), senza aver indicato alcun motivo ed, anzi, ben sapendo che non ve ne potevano essere (il dott. Viola, estraneo fino a prova contraria alle penose strategie degli “champagnisti”, era stato a suo tempo proposto, a larga maggioranza, proprio per quell’incarico dalla Quinta Commissione), decise comunque di affossarlo, escludendolo arbitrariamente dalla corsa a Capo della Procura romana. Con plateale violazione del diritto oggettivo e dei diritti del magistrato sgradito. Non è difficile ipotizzare il fine perseguito con tale sviamento di potere: colpire l’allegra brigata dell’Hotel Champagne, quella del “si vira su Viola”, che – laddove quella candidatura avesse invece trovato conferma in plenum – avrebbe avuto agio nel dire che, in fondo in fondo, al di là dei consueti traffici levantini “fuori sede” (peraltro comuni a tutto l’arco correntizio, non importa se tra modeste sale di hotel o splendide terrazze romane…) e al di là della “modestia etica” di questi artisti di arte varia, nulla di veramente sbagliato era stato fatto, attesa la comprovata qualità finale del “prescelto”.

La qual cosa avrebbe reso assai difficile predicarne le dimissioni, come poi avvenute… Ecco, allora, il dolo, lo sbaglio lucidamente pianificato nella piena coscienza della violazione sincronica dei principi di legalità, trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa che l’art.97 Cost. impone, prima di tutti, ai custodi della legge chiamati all’alto compito dell’Autogoverno della Magistratura. Né sfugge, a questo punto, la devastante torsione istituzionale che segnalano, in filigrana, i giudici del Tar nel dar conto dell’abnormità di un organo di rilevanza costituzionale in contrasto con la Carta Fondamentale. Insomma e in breve, assistiamo all’ennesima conferma, ove mai ve ne fosse bisogno, dell’ottimo stato di salute di quel mondo parallelo che – lungi dall’essere venuto meno insieme a Palamara – riconferma la sua natura di “sistema” illegale sul quale bene farebbero a prestare attenzione le Procure competenti.

E tuttavia, nel dubbio che ciò accada in tempi ragionevoli, si istituisca al più presto una Commissione parlamentare di inchiesta con i poteri dell’autorità giudiziaria. Il Paese non può più attendere ed è quanto mai necessario rinsaldare la fiducia dei cittadini nella Giustizia, seguendo la strada maestra del far chiarezza, per poi accingersi alle riforme conseguenti. E già che ci siamo, anziché dar corso alla farsa di una terza elezione suppletiva dall’esito già scritto, meglio sarebbe sciogliere il Csm, mandando negli spogliatoi l’allegra brigata del “rinnovamento erminiano” sulla quale, oramai, ben poco vi è da sperare…