Tutti i numeri e i dati del 2020
Ecomafie, 95 reati ambientali al giorno anche durante il Covid: il report di Legambiente

La pandemia e il lockdown non hanno fermato le ecomafie. Nel 2020, il nostro ‘annus horribilis’ segnato dalla pandemia, i reati ambientali risultano in aumento rispetto al 2019. Sono stati 34.867 quelli accertati: oltre 95 al giorno, 4 ogni ora, a fronte di un numero minore di controlli effettuati.
È questo lo scenario fotografato dal nuovo rapporto Ecomafia 2021 realizzato da Legambiente: un quadro che appare sconfortante, soprattutto se si considera che una parte degli illeciti deriva dalla violazione delle norme da parte delle imprese, in parte ferme proprio a causa dell’emergenza sanitaria.
I numeri del rapporto
Oltre ai reati, ad aumentare sono anche le persone denunciate: 33.620, +12% rispetto al 2019, mentre 329 risultano le ordinanze di custodia cautelare eseguite, per un incremento del 14,2%. Ben 11.427 i sequestri effettuati (+25,4%), con i controlli che invece hanno subito un calo del 17%.
Ma dove vengono commessi questi reati? L’incidenza, mostra il Rapporto, resta elevata nelle Regioni tradizionalmente segnate dalla presenza mafiosa: ossia Sicilia, Campania, Puglia e Calabria che detengono il 46,6% del totale nazionale. Il mercato illegale è di 10,4 miliardi di euro, in leggera flessione (- 0,9% sul 2019). Crescono gli investimenti a rischio, nel 2020 di 11,2 miliardi di euro (+2,6% rispetto al 2019).
Per quanto riguarda la classifica regionale, Campania, Sicilia, Puglia sono le regioni più colpite da illeciti ambientali. A sorpresa quest’anno si piazza al quarto posto il Lazio con 3.082 reati e un incremento del 14,5% sul 2019, superando così la Calabria. La Lombardia resta la regione con il maggior numero di arresti. Anche il dato relativo ai comuni commissariati per ecomafia resta preoccupante: 32 fino a oggi, dei quali 11 sono stati sciolti nei primi nove mesi del 2021.
A confermare la pressione praticamente inalterata dell’eco-criminalità in Italia è inoltre l’applicazione dei delitti contro l’ambiente, introdotti nel Codice penale dalla legge 68 del 2015: 883 i procedimenti aperti (contro i 894 del 2019), con 2.314 soggetti denunciati e 824 arresti. Il numero più elevato di procedimenti, ben 477, ha riguardato il delitto di inquinamento ambientale. Ma c’è una nota positiva: il numero crescente di Procure che hanno monitorato l’applicazione della legge 68. Infatti è stato superato l’88% degli uffici competenti (l’anno precedente erano l’80%), la percentuale più alta di sempre.
Mai così tanti ambientalisti uccisi nel mondo
Il rapporto Ecomafia 2021 ha analizzato i dati frutto dell’intensa attività svolta da forze dell’ordine, Capitanerie di porto e magistratura, insieme al lavoro del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, nato dalla sinergia tra Ispra e Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Oltre a questi numeri, Legambiente ne segnala un altro fondamentale, quello del Global Witness. Mentre il mondo era in lotta contro la pandemia di coronavirus, sono state uccise 227 persone a causa del loro impegno per la difesa e salvaguardia della natura: mai così tante dal 2012, primo anno di pubblicazione del report sugli ambientalisti uccisi nel mondo. Proprio a loro è dedicato il rapporto Ecomafia 2021.
L’ambiente è sotto attacco
Boschi e fauna sono stati particolarmente colpiti nel 2020. Ben 4.233 i reati relativi agli incendi boschivi (+8,1% rispetto al 2019), 8.193 gli illeciti contro gli animali: quasi uno ogni ora. I reati contro la fauna rappresentano il 23,5% del totale dei reati ambientali, ma potrebbero essere molti di più, sia per i pochi controlli che per la scarsa efficacia del sistema sanzionatorio.
La flessione più significativa, probabilmente a causa del lockdown, è quella relativa al ciclo dei rifiuti, che in termini di illeciti accertati registra un -12,7% rispetto al 2019, ma con più arresti (+15,2%).
Le inchieste contro i traffici organizzati di rifiuti (quelli più gravi, sanzionati ai sensi dell’articolo 452-quaterdecies del Codice penale) non hanno invece subito flessioni. Sono state 27 nel 2020, in crescita rispetto al 2019, a cui se ne devono aggiungere altre 23 registrate da Legambiente dal 1° gennaio al 15 settembre del 2021. Il fatturato illegale stimato è di 10,4 miliardi di euro, mentre aumenta quello sugli investimenti a rischio nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, che ha toccato quota 11,2 miliardi di euro.
Dagli abusi edilizi all’agromafia
Gli abbattimenti degli abusi edilizi sono purtroppo al palo: dal 2004 al 2021 sono state emesse 57.250 ordinanze di demolizione, ma ne sono state eseguite circa il 32%. La Puglia ha il record negativo con il 4%.
Sul fronte archeomafie, aumentano i controlli (+32% rispetto all’anno precedente), ma diminuiscono i furti, le persone denunciate e gli arresti. Record negativo per Il Lazio (14,7%), la Regione dove si registra il maggior numero di furti, seguita da Puglia (11,6%), Toscana (10,6%) e Campania, con il 9%.
Per quanto riguarda l’agromafia, sono ben 8.786 le infrazioni accertate in relazione alle importazioni di prodotti alimentari, seguite da quello sui prodotti ittici in generale (6.844 reati commessi su oltre 106 mila ispezioni). Nel corso del 2020, infine, sono stati 293 i reati di caporalato accertati, 254 le denunce penali e amministrative presentate e 43 gli arresti.
Da segnalare inoltre un quarto delle borse di plastica consumate in Italia non a norma e il commercio illegale dei cosiddetti F-gas, ossia i gas refrigeranti più utilizzati nel mercato, dannosi per il loro effetto serra.
Uno sguardo verso il futuro
“Non si deve assolutamente abbassare la guardia contro i ladri di futuro – sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – a maggior ragione in un momento storico in cui dovremo spendere ingenti risorse pubbliche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Va scongiurato in ogni modo il rischio di infiltrazioni ecomafiose nei cantieri per la realizzazione di opere ferroviarie e portuali, impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riciclo dei rifiuti, depuratori, interventi di rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, solo per fare qualche esempio delle opere che servono alla transizione ecologica del paese.”
Grazie ai delitti contro l’ambiente, inserito nel Codice Penale del 2015, si è verificata un’impennata del lavoro di repressione. Ma non basta: il prossimo obiettivo, spiega, è inserire i delitti ambientali e di incendio boschivo tra i reati per cui è possibile, considerando la loro gravità, prorogare i termini di improcedibilità previsti dalla riforma della giustizia.
“Va aggiornato il Codice penale inserendo tra i delitti anche le agromafie, il traffico di opere d’arte e di reperti archeologici e il racket degli animali. È poi fondamentale – continua Ciafani – alzare il livello qualitativo dei controlli pubblici ambientali in tutta Italia, a partire dal Centro-Sud. Servono nuove risorse finalizzate all’aumento del personale per le valutazioni e le ispezioni e all’acquisto della strumentazione innovativa per effettuare i monitoraggi. Si deve procedere speditamente all’approvazione dei decreti attuativi della legge 132 del 2016, che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente”.
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