Ucciso dopo essere appena entrato in auto al termine di un comizio a 10 giorni dalle elezioni in Ecuador. Un agguato tra la folla quello costato la vita a Fernando Villavicencio, candidato alle presidenziali con il movimento Build Ecuador, barbaramente ucciso la sera del 9 agosto nella capitale Quito mentre altre nove persone, tra cui un’altra candidata e due poliziotti, sono rimasti feriti. Un omicidio rivendicato e poi smentito da un cartello locale dedito al narcotraffico: sei persone sono state arrestate nelle ore successive all’agguato, una, un giovane ragazzo, è rimasta uccisa in seguito a uno scontro a fuoco con la polizia.

Il presidente della Repubblica uscente, Guillermo Lasso, ha dichiarato lo stato di emergenza nel Paese per 60 giorni, pur confermando la data delle elezioni in programma il prossimo 20 agosto.

Villavicencio aveva 59enne, era un giornalista ed ex sindacalista considerato il delfino di Lasso, e già faceva parte del parlamento dell’Ecuador. La condanna dell’attentato è stata unanime anche da parte dei suoi avversari. La favorita assoluta dei sondaggi, Luisa Gonzalez, candidata del partito dell’ex presidente Rafael Correa, ha manifestato la sua “indignazione” affermando che la morte di Villavicencio “è un lutto per tutti”.

Sia le che anche altri candidati alla presidenza hanno sospeso la campagna elettorale per solidarizzare con la famiglia di Villavicencio.

Villavicencio il mese scorso aveva denunciato di aver ricevuto minacce concrete da parte di un boss del cartello messicano di Sinaloa, José Adolfo Macías Villamar, detto Fito. Ma a rivendicare l’attentato, seppure è stato Los Lobos, il secondo più grande gruppo criminale dell’Ecuador, legato al cartello messicano della droga di Jalisco Nuova Generazione: in un video trasmesso sui social, dove appaiono una ventina di uomini incappucciati, la gang minaccia altri politici del Paese, tra cui il candidato di destra alla presidenza Jan Topic, imprenditore del partito Socialcristiano

Dopo alcune ore, un nuovo video dei Los Lobos, questa volta a volto scoperto e vestite di bianco, smentisce il precedente filmato, invitando la popolazione “a non farsi ingannare. Respingiamo l’assassinio del candidato alla presidenza Fernando Villavicencio. Vogliamo chiarire che non abbiamo mai assassinato persone del governo o civili”, dichiara uno dei presenti.

A bloodied woman is carried away after presidential candidate Fernando Villavicencio was shot to death while at a campaign rally outside a school in Quito, Ecuador, Wednesday, Aug. 9, 2023. (API via AP)
Associated Press/LaPresse
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Il caso Villavicencio conferma che le presidenziali si disputeranno nel contesto di una grave crisi della sicurezza provocata dalla presenza sempre più forte sul territorio dei narcos.

“Nell’ambito oscuro della criminalità organizzata ecuadoriana, i Los Lobos emergono come una banda che ha le sue origini nei temuti Los Choneros, organizzazione di sicari dedita al traffico di droga e altri crimini”, scrive il giornale spagnolo La Razon.

Villaviciencio era conosciuto per le numerose denunce di malaffare nei confronti di funzionari del governo dell’ex presidente, Rafael Correa. Durante la sua carriera rivelò casi di corruzione nel governo. In uno degli articoli, accusò l’ex presidente Correa, in carica dal 2007 al 2017, di crimini contro l’umanità. Il testo gli costò 18 mesi di carcere nel 2014 per ingiuria.

Tra i casi da lui sollevati durante il biennio da parlamentare (2021-2023), quello principale è legato al presunto schema di corruzione nel cosiddetto caso “Petrochina”. Tramite la compagnia energetica nazionale Petroecuador, di cui Villaviciencio è stato sindacalista all’inizio della sua vita pubblica, Quito aveva firmato contratti con Pechino per avere denaro in cambio della concessione del greggio (e con tassi di interesse vicini al 7 per cento), da raffinare presso stabilimenti in Cina. Le indagini, comprese quelle compiute dalla giustizia statunitense, hanno rivelato che il petrolio non sarebbe pero’ arrivato direttamente ai cinesi, ma ad altre imprese asiatiche le quali, a loro volta, lo giravano a raffinerie nella costa occidentale degli Usa. Il greggio pesante ecuadoriano sarebbe inoltre divenuto ancora piu’ appetibile viste le restrizioni imposte proprio dagli Usa a quello del Venezuela. Le operazioni denunciate avrebbero causato la perdita di 3,6 dollari per ogni barile di petrolio venduto, finendo per sottrarre circa cinque miliardi di dollari all’erario ecuadoriano, secondo Villaviciencio.

Nel corso della sua campagna elettorale aveva più volte puntato il dito contro l’influenza esercitata dal crimine nella politica nazionale, a tanti livelli, e poche ore prima dell’attentato aveva anche parlato di “pesante corruzione” all’interno della polizia nazionale, corpo secondo lui da riformare completamente.

 

 

 

 

 

 

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