“Quella sera ci siamo scritte messaggi fino alle 22:30, sapevo che era con lui. Poi non ha più visualizzato. Non mi sono preoccupata, era sabato sera, ma all’una e mezza mio padre ha scritto nella chat di famiglia: ‘Giulia, dove sei?’. Sono andata a letto e non riuscivo a dormire”.

Torna alla sera dell’11 novembre Elena Cecchettin, quella sera in cui sua sorella venne brutalmente accoltellata dal suo ex fidanzato Filippo Turetta. Nello speciale ‘L’Anno che verrà 2024’ di Repubblica, la ragazza parla del caso di femminicidio, chiarendo ulteriormente alcuni dettagli dei giorni e dei mesi precedenti che hanno portato alla morte della ragazza, e delle responsabilità della società su ogni episodio di violenza.

Pessimo esempio

“È il patriarcato il problema. Misoginia e sessismo sono autorizzati dalla società. Bisogna iniziare a puntare il dito sulle cose piccole. Lo svalutare le donne, per esempio. E se lo Stato non investe in questa forma di prevenzione ha fallito il suo compito ed è complice. Talvolta quello che succede dentro casa, il modo in cui gli adulti si comportano tra loro e con i figli, è un pessimo esempio. Bisogna pensare anche all’educazione degli adulti”.

Interrogata sul suo rapporto con Filippo Turetta e su eventuale parole rivolte ai suoi genitori, Elena ha tracciato un quadra ancora più completo dell’ex fidanzato della sorella: “Col tempo ho capito che tipo di persona era e di conseguenza lo tenevo a distanza. Una volta mi ha cercato al telefono, mi aveva scritto per Giulia, alla fine l’ho bloccato. Se Giulia poteva sapere? Come fai a immaginare che la persona con cui stai possa farti del male? Non lo vuoi credere possibile. All’università Filippo andava male, e a febbraio le aveva detto di rallentare gli esami, non voleva che si laureasse prima di lei. È stato lì che Giulia lo ha lasciato. Sono tornati insieme per due mesi, lo ha lasciato di nuovo a luglio”.

La mattina del 12 novembre il fratello le comunica che Giulia non era tornata a casa: “Ero in bagno, sono scoppiata a piangere. Ho capito subito. Ho capito che le era successo qualcosa. Sì, ho pensato anche a quello. So come si comporta una persona morbosa di gelosia che ti isola, che non ha amici, che non ama il suo lavoro e ti dice ‘tu sei tutto per me sei la luce’. È un copione sempre identico”.

La responsabilità sociale

Infine, il punto sulla responsabilità delle famiglie: “La colpa è personale, ma cosa diversa è la responsabilità quando non si comunica, in famiglia, anche a costo di rischiare di sapere quel che non si vorrebbe sapere, si finisce per non conoscere chi si ha accanto. Io avevo ben presente che persona era Turetta e lo avevo incontrato poche volte”.

“La violenza di genere – conclude Elenea – deve diventare un tabù, socialmente inammissibile. La prevenzione deve diventare un dovere individuale”.

Redazione

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