La politica americana si trova in mezzo a un uragano che devasta la Florida. Non un uragano retorico, ma onde di dieci metri e venti a duecento all’ora. Così, nella campagna elettorale che terminerà con l’elezione del nuovo presidente, si è presentata la furia di “Helene” (i nomi degli uragani sono dati in ordine alfabetico annuale) che sta devastando il vecchio Sud che ai tempi della guerra civile si chiamava Dixieland. Ho vissuto molte volte il panico dell’uragano e parlo con i miei due figli, uno dei quali si è massacrato una caviglia dopo essere stato sollevato dal vento mentre inchiodava assi alle finestre.

Barack Obama per l’uragano “Kamala”

Un uragano è un uragano e allo stesso tempo è politica: interi quartieri sono stati rasi al suolo, ci sono morti e feriti, manca l’elettricità e si crepa per il caldo disumano. Gli uragani sono una costante maledizione e dunque proteggere i cittadini da quella maledizione è una questione politica buona per la battaglia elettorale. Secondo Trump, l’uragano dovrebbe chiamarsi Kamala e mentre parla lo si vede affiancato dallo stramiliardario Elon Musk, che danza e salta in preda a un attacco dio folle felicità. L’uragano strapazza l’America e la paranoia delle false informazioni infuria sotto forma di complotti diffusi dai repubblicani secondo cui Joe Biden e Kamala Harris avrebbero creato artificialmente la tempesta per colpire gli elettori democratici e per creare delle voragini da cui estrarre il prezioso litio. Quindi l’uragano Helene è di colpo diventato un tallone d’Achille per Kamala Harris e questo spiega perché l’ex presidente Barack Obama si è precipitato a Pittsburgh in Pennsylvania per supplicare gli americani di pelle nera di non far vincere Trump: “Posso capire tutto, ma non capisco proprio come voi, Pennsylvania, possiate pensare che con Trump le cose possano andare meglio”.

Barack indossava una camicia azzurra a collo aperto che lo rende un’icona, e si rivolgeva in particolare agli elettori neri sedotti dalla campagna fulminante di Donald Trump. Ha usato un tono confidenziale e colloquiale per dire: ma non sarete davvero così pazzi da votare Trump? Ha parlato con un accento black-american che di solito non usa, un’intonazione riconosciuta della lingua inglese e che Obama non usa nella vita pubblica. Il passaggio crescente di una parte dell’elettorato nero dal partito democratico a quello repubblicano ha radici profonde. Una parte della comunità nera accusa i democratici di averli spinti per mezzo secolo a lasciare il Sud per stabilirsi nei ghetti delle metropoli del Nord industriale come forza lavoro a prezzi stracciati. E poi di averli abbandonati lì, in megalopoli come Chicago (la città di Obama) in cui – dicono i repubblicani – l’unico servizio che funziona è l’aborto offerto alle donne nere in ogni angolo di strada, sicché molte donne nere con forte leadership come Candace Owens, “the voice of black conservatives”, accusano i democratici di servirsi della manovalanza nera è per sfruttarla con salari bassi e limitarne la riproduzione. Sono posizioni condivise dalla giudice della Corte suprema Ketranij Brown Jackson, o la senatrice Laphonza Butler, tutte con un passato democratico e ora in transito verso le file trumpiane, già affollate di latinos.

La fuga del voto nero dai democratici

Obama, quindi, era consapevole di non dare soltanto un aiuto alla Harris, ma ha voluto gettarsi a capofitto in una questione antica ma che oggi assume un nuovo connotato: la fuga del voto nero dai democratici verso i repubblicani, Donald Trump accusa l’amministrazione Biden di aver causato la perdita e forse la morte di migliaia di bambini figli di emigranti, separati dalle loro famiglie mentre tentavano di entrare negli Stati Uniti. Trump in questo modo si presenta come un difensore degli emigranti e un accusatore di un delitto genocida; aver causato la scomparsa dei figli dell’immigrazione con una politica sia ottusa che indecisa. I democratici rispondono che si tratta di una balla creata dal network televisivo Fox News che fiancheggia apertamente Donald Trump.

Fu su Fox News che a giugno la rappresentante degli immigrati Rachel Campos-Duffy disse che l’amministrazione Biden aveva “perso” ottantamila bambini che attraversavano clandestinamente la frontiera con le loro famiglie. E Trump annunciò subito dopo alla stessa Fox News di essere dalla parte degli emigranti e che li avrebbe difesi contro le politiche della Casa Bianca. Sicché questo è diventato uno dei capi d’accusa prediletti contro Kamala Harris, accusata anche di barare sulla sua identità afro, essendo la vicepresidente figlia di una madre emigrata dall’India. L’accusa repubblicana ai democratici di aver decine di migliaia di bambini figli di emigrati si fonda sulla reale direttiva data alla polizia di frontiera di strappare i figli dai genitori quando vengono fermati, e di affidare questi figli ad istituzioni che somigliano a campi di concentramento poi alle adozioni di famiglie americane.

Quindi la tragedia è reale, per quanto possa essere strumentale il suo uso. Anche questo ultimo episodio dimostra quanto sia vulnerabile la politica americana, come lo era negli anni Sessanta quando il presidente Johnson impose l’integrazione usando la Guardia Nazionale, e poggia su delle fraglie instabili legate al colore della pelle. Obama da Pittsburgh ha gridato agli elettori neri: “Io sono uno di voi e da giovane padre cambiavo i pannolini alle mie bambine. Secondo voi, Donald Trump ha mai cambiato i suoi figli?”.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.