Oggi ricorrono quattro mesi dagli attentati del 7 ottobre. Nel Pd c’è chi coglie l’occasione per ribadire la vicinanza alle ragioni di Israele. «Riaffermiamo come irrinunciabile il diritto di Israele a esistere, riconosciuto dai suoi vicini, e a vivere in sicurezza neipropri confini», firmano Piero Fassino, Emanuele Fiano, Lia Quartapelle, Enrico Morando e tanti altri riformisti dem. La posizione su Israele, messa a confronto con quella di Giuseppe Conte, dà il segno di quanto sia andato al largo, in alto mare, il Campo largo. Ma torniamo alle questioni di casa nostra. Il centrosinistra doveva fare dell’Abruzzo il totem dell’unità, il simbolo sacro dello stare insieme. E invece vanno in ordine sparso anche a fare le iniziative e le manifestazioni, fino alle chiusure dei comizi.

Ieri è stato il turno di Elly Schlein, che è andata in piazza a Chieti. Carlo Calenda c’era stato il giorno prima. Giuseppe Conte andrà oggi nella Marsica, a Pescina e Celano; nel pomeriggio proseguirà a Civitella Roveto e Carsoli. Percorsi distanti tra loro, come quelli dei trekking appenninici. Ciascuno fa la sua strada, sperando di trovarsi una volta in vetta. Ma la salita è lunga e il tracciato impervio. «Stiamo provando a espugnare un fortino della destra, il collegio di Giorgia Meloni», ammette il presidente del Pd e dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Non sarà facile. Il primo impegno è quello di fingersi uniti senza incontrarsi mai. “Marciare divisi per colpire uniti”, recitava il motto del generale prussiano Von Moltke. Tutta da vedere perché i sondaggi dicono altro, al netto dell’astensione: l’elettorato rimasto silente negli ultimi anni, in buona parte di sinistra, potrebbe ora ritrovare le ragioni per dare un segnale forte.

«La priorità per il Partito Democratico è chiara: costruire una coalizione ampia, ma coerente sul progetto, con candidature credibile. Stiamo facendo questo sforzo in tutti i territori e sono fiduciosa che si troverà questo accordo anche nelle Regioni che andranno al voto nei prossimi mesi», ha detto ancora Elly Schlein. Ma se i percorsi appenninici sono impervi, figuriamoci la nebbia del Piemonte. Nella regione sabauda una candidatura unitaria non è alle viste. E nemmeno nella più piccola Basilicata, dove il centrosinistra avrebbe i numeri per portare a termine una operazione di successo, Pd e M5S continuano a guardarsi in cagnesco. Angelo Chiorazzo, re delle cooperative bianche, potrebbe ricevere lo stop dal Nazareno e mette le mani avanti: «Correrei anche da solo». Attenzione: metterebbe a rischio le speranze del centrosinistra dalle parti di Potenza e Matera.

Il caso Sardegna non insegna. E a proposito della nuova governatrice sarda, una parentesi va aperta. Mentre gli inviti televisivi di Alessandra Todde – sempre più frequenti – ne stanno mettendo in risalto le doti e le capacità ai danni di Conte, che infatti vede ridursi interviste e ospitate, il Pd prova a consolidare l’asse con il Movimento ma – per stare ancora sul ragionamento di Bonaccini – prova a guardare oltre, all’ormai ex Terzo polo che rappresenta comunque, secondo i sondaggisti, tra l’8 e il 12% dei consensi. «Io mi auguro che il M5s sia un compagno di viaggio che sta stabilmente col centrosinistra, il campo che hanno deciso di scegliere è questo, ma per vincere in Italia serve un’alleanza più robusta», ha detto Bonaccini. E sulla prospettiva: «Noi innanzitutto dobbiamo selezionare le migliori forze possibili, anche perché nelle regioni del nord un’alleanza Pd-M5s non basterebbe. Il M5s deve dimostrare generosità come lo hanno fatto Elly Schlein e il Pd in Sardegna, ma mi sembra che le cose stiano andando molto meglio rispetto a qualche tempo fa».

L’invito neanche tanto velato è alla segreteria del Nazareno perché faccia cadere i veti sulle alleanze con Italia Viva, Azione e Più Europa. L’alleanza stabile con il Movimento non c’è (e non ci può essere), Conte gioca per sé e i 5 Stelle rimangono nei Comuni e nelle Regioni decisamente all’opposizione del Pd. L’Umbria dove si voterà a giugno li vede su due fronti contrapposti. E Perugia è tra l’altro teatro, in questi giorni, del più grande scandalo degli ultimi tempi. Il segnale che hanno dato Elly Schlein e Giorgia Meloni, che hanno manifestato in simultanea il loro appello a fare chiarezza sul caso gravissimo del dossieraggio di Striano non è stato gradito nel Movimento di Giuseppe Conte. Se Melillo e Cantone andranno a riferire in commissione Antimafia e al Copasir, qualche polemica inizia a spirare. E non a torto, visto che all’epoca degli accessi illegali il numero uno della Dna era Federico Cafiero De Raho, oggi deputato M5S e vicepresidente della commissione. Forza Italia con Maurizio Gasparri e Mauro D’Attis ha chiesto di escludere l’ex magistrato dalle sedute di domani e giovedì: «La posizione di Cafiero De Raho appare incompatibile». Replica il M5S, con Roberto Scarpinato: «Nessuno sfrutti questa vicenda per tentare di infangare persone o istituzioni». Più che altro, andrebbe fatto notare, è questa vicenda che ha tentato di infangare istituzioni e persone. Le mani di qualche Fiamma Gialla ‘fuori ordinanza’ stanno dietro al rebus sul quale adesso, tardivamente rispetto all’avvio delle indagini, nell’agosto 2023, si stanno accendendo i fari. Il nervosismo di qualcuno può essere un elemento di riflessione.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.