Veleni nella campagna elettorale abruzzese. In vista del voto di domenica 10 marzo, il duello tra Marco Marsilio e Luciano D’Amico sfiora la rissa. A spese del presidente di Regione uscente e ricandidato dal centrodestra sul quale gli avversari del Campo largo hanno puntato una campagna denigratoria personale.

« Non è davvero abbruzzese ». « Vive a Roma e va in Abruzzo ogni tanto, lo considera come una colonia ». « Il suo autista lo scorrazza in macchina da Roma a L’Aquila ogni giorno a spese dei contribuenti ». « Si vergogna di vivere in Abruzzo ». « E’ un dirigente catapultato da Roma ». Gli argomenti che animano del centrosinistra rimbalzano di piazza in piazza, di bar in bar. Non sono osservazioni politiche e tantomeno rimproveri amministrativi. Sono dicerie che vox populi si tenta di trasformare nel venticello rossiniano: « La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentil… ». E gentilmente sotto casa del governatore, a Pescara, si sono presentate le telecamere per mascariare Marsilio.

« Questa mattina sotto casa mia a Pescara sono trovate le telecamere che in diretta televisiva dovevano sfatare la leggenda nera che io non viva in Abruzzo, che io non sia abruzzese”, denuncia l’esponente di Fratelli d’Italia. Non è andata bene. E Marsilio si rivolge direttamente alla segretaria Dem: « Origini statunitensi, passaporto svizzero, un nonno lituano, è curioso sia lei a rimproverare un abruzzese da sette generazioni di essere nato a Roma ». Un sorriso per chiudere la querelle: « Elly ho capito, non hai trovato argomenti e continui a insultarmi perché sono nato a Roma, vatte a durmì ».

La crisi del PD

Il Pd è alle prese con l’ennesima crisi interna, con Elly Schlein che spiazza gli abruzzesi – Stefania Pezzopane e Giovanni Legnini non figurano su nessun palco – e promuove il sempreverde Pierluigi Bersani a suo oratore-spalla. Una coppia che ieri, dopo Pescara, era a Popoli. Schlein voleva visitare l’ospedale, ma non le hanno aperto la porta: « Non possiamo farla entrare », le hanno risposto. Lei se l’è presa con un diktat che presume essere stato lanciato da Marsilio. Più probabilmente il regolamento di Asl e ospedali vieta le manifestazioni elettorali all’interno. Ultime ore di campagna, non si fanno prigionieri. Si dice tutto e il suo contrario. Con una sola costante: evitarsi reciprocamente, tra alleati del Campo largo. E in effetti lo slalom d’Abruzzo è degno di un brevetto di abilità straordinario: Pd da una parte, 5 Stelle dall’altra. Se Avs sta sulla costa, Calenda visita l’Appennino. Sembrano più giocare ai “Quattro cantoni” che tessere le fila di un’alleanza. Tanto che ieri Giuseppe Conte e Alessandra Todde, arrivata da Cagliari, per conquistare la piazza di Pescara hanno atteso un giorno dopo il passaggio di Schlein. Il refrain contiano è sempre lo stesso e finisce sempre per evocare il sogno proibito del reddito di cittadinanza regionale. Voglia di stare sul divano, che va chiamata però «voglia di cambiamento ». « In Abruzzo c’è tanta voglia di cambiamento e la si percepisce ascoltando le persone che non riescono a curarsi a causa di liste d’attesa infinite. La regione è stata abbandonata a se stessa da un presidente assente: è ora di cambiare le cose votando Luciano D’Amico ». L’ex Rettore avrà anche gradito, ma ha rispedito a casa tutti: la chiusura la fa lui da solo, proprio come Todde in Sardegna (sulla scorta del modello Possamai, che per vincere ha imposto ai big di starsene lontani dalla sua Vicenza).

La raccolta firme

La coalizione che sostiene D’Amico, con la sola eccezione di Italia Viva, si ritrova a Roma. Per sottoscrivere un impegno comune : una proposta di iniziativa sul salario minimo. E fanno partire una raccolta firme per una proposta di legge popolare. «Continuiamo a batterci per una legge sul salario minimo, per garantire retribuzioni giuste e dignitose in linea con l’articolo 36 della Costituzione. Tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri hanno diritto a una risposta. La destra con una forzatura ha svuotato la legge sul salario minimo proposta dalle opposizioni unite, rendendola una delega in bianco al governo, finita poi nel porto delle nebbie: noi non ci stiamo», fanno sapere in una nota congiunta firmata, rigorosamente in ordine alfabetico, Angelo Bonelli, Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Riccardo Magi, Enzo Maraio, Elly Schlein.

«Per queste ragioni abbiamo deciso di lanciare insieme una legge di iniziativa popolare per riproporre il salario minimo di nuovo in Parlamento. Per rafforzare i contratti collettivi e stabilire che sotto i 9 euro non è lavoro ma sfruttamento. Vediamo – sottolineano – se il Governo avrà il coraggio di affossare anche una legge firmata da centinaia di migliaia di cittadine e cittadini.». Belle, le raccolte firme a sostegno: Ennio Flaiano le chiamava «il Firmamento » perché partivano sempre da firme eccellenti. Poi però, una volta in aula, serve sempre la maggioranza dei voti di maggioranza per approvare le leggi.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.