Alzare la tensione sul dossieraggio, esorcizzare la paura di una sconfitta in Abruzzo. La giornata del centrodestra si muove su un doppio binario. E sullo sfondo ci sono le tensioni interne ai partiti. Una tregua armata in Forza Italia, le spinte nordiste nella Lega e lo scontro sotterraneo (in tutti i sensi) dentro quel monolite apparente che è Fratelli d’Italia. A preoccupare lo stato maggiore della coalizione di maggioranza sono gli ultimi sondaggi che arrivano dall’Abruzzo. Secondo le rilevazioni, ormai, il distacco tra l’uscente di FdI Marco Marsilio e il candidato del “campo larghissimo” Luciano D’Amico si è ridotto a poco più di un punto percentuale.
Un testa a testa, con Marsilio avanti di un soffio ai blocchi di partenza. Una eventuale seconda sconfitta, dopo la Sardegna, sarebbe un segnale difficile da ignorare per i leader della maggioranza. A partire proprio da Giorgia Meloni. Perciò leghisti, meloniani e azzurri dichiarano in batteria alle agenzie, fin dalla mattinata. Mentre a taccuini chiusi la speranza è una sola: “In Abruzzo non c’è il voto disgiunto, quindi dovremmo vincere”.
Ma il nodo della questione è il condizionale. Se fino a qualche mese fa la vittoria era scontata, adesso bisogna andarci con cautela. Diversa è l’immagine di ottimismo che traspare dalle dichiarazioni pubbliche. L’happening c’è in serata, con la chiusura della campagna elettorale con i tre leader del centrodestra a Pescara. Marsilio esorcizza gli “spifferi sardi” e carica la platea: “Non molliamo, vinceremo anche questa partita”.
Antonio Tajani promette “le pensioni minime a mille euro entro la fine della legislatura”, poi ricorda Silvio Berlusconi: “Amava questa terra”. Giorgia Meloni scherza: “Ogni volta che vengo a Pescara piove, ma l’ultima volta sono diventata presidente del Consiglio”. Matteo Salvini sale sul palco e attacca: “Denuncerò in tutte le procure lo scandalo di chi spiava padri e madri di famiglia, pagato con i vostri soldi, dei contribuenti”. E se la prende “con quella schifezza che è l’utero in affitto”. Poi attacca sulle Forze dell’Ordine: “Guai a chi le mette in discussione”. Meloni lancia la riconferma di Marsilio: “Deve fare l’impresa di essere il primo presidente dell’Abruzzo riconfermato per un secondo mandato”. Poi punzecchia Pd e M5s sul reddito di cittadinanza: “Servono le infrastrutture di cittadinanza per competere ad armi pari”.
Meloni infilza il campo largo: “Noi stiamo insieme per scelta, non per interesse, dall’altro lato sono tutti alleati ma si vergognano a dirlo”. E sui dossieraggi: “Vogliamo sapere chi sono i mandanti”. Quindi promette: “La nostra priorità è il rinnovo del contratto delle forze dell’Ordine, vergogna a chi dice che bisogna sputare agli agenti”. E dà battaglia per le europee: “Faranno di tutto, ho già l’elmetto”.
Il valzer mattutino invece lo apre il leader di Forza Italia Tajani, con un’intervista a Il Messaggero. “In Abruzzo vinciamo. Le condizioni di questa consultazione sono assolutamente diverse rispetto a quelle che c’erano in Sardegna”, spiega il ministro degli Esteri. Ed ecco l’iniezione di ottimismo: “In Abruzzo, nei miei giri elettorali e stando alle notizie che mi arrivano e alle manifestazioni che vedo, molto partecipate e convinte, c’è entusiasmo per il bis di Marsilio”. Prima della chiusura della campagna elettorale, da Teramo interviene Meloni. “Se temo in Abruzzo l’effetto Sardegna? Intanto lo dobbiamo ancora vedere perché ancora non si è capito bene neanche come è finita. Io francamente sono molto ottimista”, dice la premier.
Giovanni Donzelli, big di FdI, tenta di smorzare la narrazione sull’effetto Sardegna: “Questa cosa dell’effetto Sardegna mi fa sorridere. Intanto, in Sardegna il centrodestra come liste è sopra il centrosinistra ed è cresciuto di otto punti”. Prova a tirare la volata a Marsilio anche il sindaco de L’Aquila Pierluigi Biondi, di Fratelli d’Italia. “Vincerà il centrodestra, non c’è dubbio”, azzarda Biondi con La Stampa. Le parole di Biondi sono molto ascoltate dentro la maggioranza. Perché, stando alle previsioni di chi segue la campagna elettorale, sarà molto importante, se non decisivo, il risultato di Marsilio nella città de L’Aquila. Un centro che è diventato un piccolo fortino meloniano. Un importante avamposto di Fratelli d’Italia fuori dalla Capitale. E Biondi, a differenza di Marsilio, non può essere accusato di governare “in smartworking” da Roma.
Nel frattempo diversi esponenti del centrodestra alzano il tiro sulla presunta centrale di dossieraggio nella Direzione Nazionale Antimafia. C’è chi solleva l’allarme “eversione” e il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama Maurizio Gasparri, nell’Aula del Senato, chiama in causa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Faccia sentire la sua voce su uno scandalo enorme”. Il tutto mentre si intravedono le prime crepe in Fratelli d’Italia.
L’appuntamento da cerchiare in rosso è il congresso romano di FdI, previsto per il 23 e il 24 marzo al Palazzo dei Congressi dell’Eur. Lì la sfida sarà tutta tra la corrente più vicina alla premier Meloni e a sua sorella Arianna e i “gabbiani” di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, entrato nella squadra dei delusi a tempo pieno quando la presidente del Consiglio, dopo le politiche, ha deciso di non affidargli incarichi governativi. Dall’esilio dorato della vicepresidenza della Camera Rampelli sta organizzando una fronda silenziosa che chiede più “democrazia” nel partito meloniano.
I rampelliani si sono incontrati in una sala al piano meno uno dell’Hotel Universo, dietro la stazione Termini. Per il congresso, Rampelli potrebbe puntare sul cognato ed europarlamentare Marco Scurria, mentre Arianna Meloni vorrebbe Marco Perissa, deputato quarantenne. Ma la partita dei rampelliani si interseca con la sfida abruzzese. Infatti Marsilio è vicinissimo al vicepresidente della Camera più che a Meloni. “Se Rampelli perdesse anche un governatore, la cosa di certo non contribuirebbe alla serenità nel partito”, abbozzano da FdI.