L'astensione alle amministrative
Elezioni comunali, intervista a Sabino Cassese: “Letta votato da un quinto degli elettori, hanno perso tutti”

Il “partito dell’astensione” cresce: un fatto “fisiologico” o un campanello d’allarme per il nostro sistema politico? A discuterne con Il Riformista, è il professor Sabino Cassese, ministro della Funzione Pubblica nel governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi, Giudice emerito della Corte Costituzionale e professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, nonché professore di “Global governance” al “Master of Public Affairs” dell’”Institut d’Etudes Politiques” di Parigi. Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo i più recenti Una volta il futuro era migliore. Lezioni per invertire la rotta (Solferino, 2021); La nuova costituzione economica. Nuova ediz. (Laterza, 2021); Il buon governo. L’Età dei doveri (Mondadori, 2020); Governare gli italiani. Storia dello Stato (Il Mulino, 2019); La svolta. Dialoghi sulla politica che cambia (Il Mulino, 2019). Le considerazioni di Cassese danno conto di una preoccupazione che non ha coloriture politiche ma che dovrebbe essere presa da tutte le forze che un tempo si sarebbero definite dell’”arco costituzionale”, come un terreno di riflessione di priorità assoluta. Perché, avverte il professor Cassese, non siamo di fronte a un fenomeno contingente, legato ad una tipologia di elezioni o circoscrivibile ad un’area del paese o alle sole periferie.
Un italiano su due ha disertato le urne nelle elezioni amministrative. C’è chi minimizza, sostenendo che è un dato “fisiologico” e chi parla di un preoccupante campanello d’allarme. Come la vede, professor Cassese?
Le ultime elezioni locali, che hanno visto al voto circa un quarto dell’elettorato, hanno rappresentato una sconfitta per tutte le forze politiche…
Un’affermazione molto forte. Su cosa fonda il suo giudizio?
In primo luogo, questa sconfitta è stata registrata dalla ricerca di candidati esterni. In sostanza, i partiti hanno rinunciato al loro ruolo di formatori di una classe politica e hanno dovuto far ricorso all’esterno. In secondo luogo, la generale sconfitta si nota nella partecipazione, del 54,7%. Questa va misurata con la partecipazione alle elezioni alla Camera dei deputati, che è di circa 30 punti percentuali superiore. Ma bisogna aggiungere che a Torino, Roma, Napoli, Milano, cioè nelle grandi città, vi è stata una partecipazione oscillante intorno al 48%. Questo vuol dire che la maggior parte degli aventi diritto al voto non si è recata a votare. Questo è un segno importante perché ne deriva l’osservazione che più sono grandi le città, minore è la partecipazione. L’altro elemento negativo è costituito dalla tendenza: la diminuzione negli ultimi 10 anni alle elezioni comunali è stata superiore al 15%, mentre quella nelle elezioni del Parlamento europeo è stata di poco più dell’ 11% e quella nelle elezioni alla Camera dei deputati di poco più del 7%. Quindi, la disaffezione dei cittadini, segnata dal trend elettorale, vede in testa gli enti locali.
Qual è il portato di questa tendenza?
Questo è un segnale grave perché i comuni sono gli enti politici più vicini ai cittadini: se questi attraggono meno la partecipazione, il segnale che ne deriva é particolarmente grave. Ancor più grave il segnale che deriva dalla votazione senese, dove i votanti sono stati il 36% del corpo elettorale e i voti raccolti dal segretario del Pd il 50% di questi. Ciò vuol dire che il segretario di uno dei maggiori partiti è stato votato da meno di 1/5 dell’elettorato. Se la democrazia è il governo della maggioranza, questo è un pessimo segno.
I 5 Stelle avevano saputo intercettare il malessere e la rabbia sociale che covava dentro la società, in particolare nelle periferie. Ora la rabbia si “astiene” dal voto. È l’anti politica che non è più attrattiva o le spiegazioni sono più complesse e interrogano l’insieme del sistema di rappresentanza?
Penso che le ragioni dell’astensione non vadano cercate tanto nell’elettorato quanto nella povertà dell’offerta politica. Le forze politiche, in preparazione delle elezioni non hanno fatto altro che battibeccare. Pochi candidati hanno offerto un programma. Di conseguenza, l’elettorato non è stato mobilitato dalla prospettazione di una politica, o di un futuro.
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