Elezioni di midterm, chi ha vinto e chi ha perso: tutti i risultati

L’ondata rossa non c’è stata. Lo tsunami annunciato si è rivelato una modesta mareggiata per Joe Biden. E se il voto di midterm ha un perdente, o comunque un non vincente, in proiezione corsa alla Casa Bianca, il suo nome è Donald Trump. Ben sintetizza il titolo di apertura del New York Times: No Signs of ‘Red Wave’ That Republicans Expecte”. La Camera ha cambiato colore con un passaggio di maggioranza dal blu democratico al rosso repubblicano, ma non accadrà con la valanga sperata dal Grand Old Party e da Donald Trump. È invece in bilico il Senato, 49 seggi già assegnati ai Repubblicani e 48 ai Democratici, una gara all’ultimo voto che tra l’altro potrebbe non considerarsi conclusa per settimane, in quanto per la Georgia – Stato chiave, a questo punto decisivo per il controllo della camera alta – si profila un ballottaggio il 6 dicembre. Se al Senato la corsa finisse in parità, sarebbero i Democratici a controllarlo grazie al voto decisivo della vicepresidente Kamala Harris.

Nel ramo più basso del Congresso statunitense il Gop si è imposto con una maggioranza meno larga rispetto alle attese, che è andata assottigliandosi con l’andare avanti degli spogli: 202 contro i 186 dei Democratici, dove la soglia minima per la maggioranza si ottiene con 218 seggi. Il controllo della Camera dei rappresentanti potrebbe non essere deciso la notte delle elezioni, secondo NBC News. Se i Democratici continueranno a mantenere la loro posizione, il controllo della Camera potrebbe rimanere incerto per giorni o addirittura settimane. Ci sono diverse gare competitive in California, uno Stato che spesso impiega molto tempo per contare i voti. Al di là della Florida – fino a poco tempo fa considerato uno ‘swing state’ ma che oggi si conferma come la nuova roccaforte repubblicana – i risultati per il Gop sono stati più contrastanti in altri campi di battaglia. Le gare cruciali per il controllo del Senato in Georgia, Arizona e Nevada sono estremamente serrate e dagli esiti tuttora incerti, ma i democratici hanno tenuto meglio del previsto.

In Pennsylvania, il partito dell’asinello ha messo a segno una doppietta notevole: oltre alla vittoria di Josh Shapiro sul trumpianissimo Doug Mastriano, il democratico John Fetterman ha vinto il seggio al Senato lasciato libero dal repubblicano Pat Toomey, nonostante sia stato ostacolato durante la campagna elettorale dal recente ictus. Al contrario, nella partita in Ohio per il Senato è la vittoria del repubblicano JD Vance su Tim Ryan, stella nascente del partito Dem considerato anche un possibile aspirante alla presidenza, a fare notizia. Ma il suo successo – come quello di Brian Kemp confermato governatore in Georgia contro Stacey Abrams – dice più di questo: entrambi sono repubblicani ‘non trumpiani’ (Vance si è rivolto al tycoon solo per sostenere la sua campagna elettorale ma non è considerato un fedelissimo dell’ex presidente) e la loro vittoria, come quella di Ron DeSantis rafforza l’ala non “MAGA” (Make America Great Again, lo slogan di Trump ) all’interno del Gop. Ron DeSantis “ha dimostrato” di essere il “futuro” del partito repubblicano. E’ il titolo a tutta pagina del New York Post dopo la schiacciante vittoria del governatore della Florida che è riuscito a trasformare lo stato da ‘purple’ a ‘rosso’, ovvero da stato in bilico a repubblicano.

I media americani traggono le prime conclusioni sulle elezioni di metà mandato in proiezione della corsa alla Casa Bianca. Autore di una campagna elettorale dal budget faraonico, questo ex militare è considerato un potenziale rivale per The Donald nella corsa alle prossime presidenziali tra le fila dei repubblicani. Lo stesso Trump si è rivolto a DeSantis con l’epiteto “DeSanctimonious” – Sanctimonious significa bigotto – ha invitato DeSantis a non candidarsi per il 2024. Il tycoon furente ha fatto sapere di essere pronto a spiattellare “cose non belle” su DeSantis perché lo conosce “più di chiunque altro, forse più di sua moglie”. “Di sicuro non è una dannata onda” ha commentato visibilmente contrariato il senatore repubblicano Lindsey Graham, riferendosi all’“onda rossa” che molti sondaggisti avevano previsto per il giorno delle elezioni. Aveva previsto una “notte fantastica” di festeggiamenti a Mar-a-Lago, ma invece, di fronte ai risultati negativi di decine dei ‘suoi’ candidati “MAGA” messi in campo per le primarie, Donald Trump ha avuto uno dei suoi noti eccessi d’ira. Persone a lui vicine lo descrivono, riporta la Cnn, come “livido” e spiegando che “ha urlato con tutti”.

I risultati delle elezioni di medio termine “sono il miglior indicatore” del fatto che Donald Trump non dovrebbe candidarsi alle elezioni nel 2024. Lo ha dichiarato Sarah Matthews, ex consigliera dell’ex presidente degli Stati Uniti. “Penso che il risultato della scorsa notte sia il miglior indicatore del fatto che Donald Trump non dovrebbe essere il candidato repubblicano nel 2024”, ha affermato, sempre secondo la Cnn, la vice portavoce della Casa Bianca durante il mandato di Trump, sostenendo che l’ex presidente ha fatto perdere ai repubblicani “seggi che si sarebbero potuti vincere” a causa della decisione di “promuovere candidati di bassa qualità”. C’è un’inflazione record, crescenti timori sulla criminalità, la peggiore crisi di confine della storia e un presidente impopolare, e la performance dei repubblicani è stata ancora deludente”, ha detto la Matthews, sottolineando che il risultato “è stato in gran parte dovuto ai candidati appoggiati da Trump”, che “non erano di qualità sufficiente. Penso che questa sia una lezione per i repubblicani. Punto numero uno, Trump non è un vincitore e, punto numero due, la qualità dei candidati conta”.

Quanto ai Democratici, hanno vinto le elezioni per il governatore negli stati del “muro blu”: Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, garantendosi un margine di pressione su Assemblee statali dominate dai repubblicani, e in possibili future battaglie legislative su questioni sociali come il diritto all’aborto e l’accesso al voto. Il democratico Gavin Newsom, come ampiamente previsto, è stato confermato governatore della California. Newson è uno degli aspiranti liberal alla Casa Bianca per il 2024. Il partito del presidente inoltre, ha inaspettatamente tenuto i seggi alla Camera considerati ‘a rischio’ dalla Virginia al Texas e ottenuto comode vittorie al Senato che erano state messe in dubbio, come nel New Hampshire. Nello Stato di New York è stata eletta con una netta maggioranza Kathy Hochul, prima donna governatrice dello stato. È una notizia anche perché i sondaggi nei giorni scorsi davano in forte rimonta il repubblicano Lee Zeldin, sostenuto da Donald Trump, che anche in questo caso vede sconfitto uno dei ‘suoi’ candidati di punta.

A New York è stata rieletta alla Camera anche Alexandria Ocasio Cortez, stella dell’ala più progressista dei Dem. “Non c’è stata l’ondata rossa – dice a Il Riformista Nadia Urbinati, docente di Scienze politiche alla Columbia University di New York – in Senato è testa a testa, il conteggio è ancora in corso in Georgia e Nevada, i due stati più rognosi per i Dem. Nelle ultime presidenziali la Georgia aveva dato la vittoria a Biden (con la grande attività di Stacey Abram) ma questa volta sarà forse proprio questo stato a dare il controllo del Senato ai repubblicani. Di nuovo i sondaggisti hanno toppato, perché la valanga rossa non c’è stata e perché la questione dell’inflazione non è stata così dirimente come si pensava”. “Questi risultati – annota il professor Stefano Silvestri, già presidente dello IAI (Istituto Affari Internazionali) e direttore editoriale di AffarInternazionali. – non sono un successo per i Democratici che hanno comunque perso la Camera e sono in bilico al Senato, ma non sono neanche un trionfo per i Repubblicani, e in un certo senso rincuorano Biden. Ma il dato politico più interessante in proiezione 2024 riguarda il profilo dei candidati vincenti in campo repubblicano. Perché se a uscirne indebolito sarà il fronte ‘trumpiano’, questo potrebbe cambiare il clima politico negli Stati Uniti che potrebbero tornare a una condizione di maggiore normalità, nella quale c’è un’alternanza di potere ma non una spaccatura lacerante del Paese”.