Si avvicinano le elezioni europee e per il Centro e la ‘politica di centro’ ci sarà il vero battesimo politico. Grazie al sistema proporzionale, ogni partito ha la possibilità di dispiegare sino in fondo il suo progetto politico, la sua identità culturale e il suo programma di riforme utili al nostro paese e necessari, soprattutto, per il futuro del vecchio continente. Un progetto che, in Italia come in Europa, coltiva l’obiettivo di ridare spazio ad una politica che non si basa sulla sua permanente e strutturale radicalizzazione ideologica, che rifiuta la logica di consolidare un maldestro e nocivo bipolarismo e che, soprattutto, non si riduce ad una competizione dove si nasconde il futuro e la prospettiva dell’Unione europea a vantaggio dei soli equilibri politici nazionali.

Insomma, un progetto per le elezioni europee inteso anche come una sfida alla crisi della politica contemporanea e un concreto investimento per il futuro. Il tutto, però, e come sempre capita in politica, è anche condizionato da come ci si presenta alle elezioni. E, su questo versante, l’iniziativa di Matteo Renzi non fa una grinza. O meglio, la necessità di fare una lista il più possibile inclusiva e unitaria aperta a tutti coloro che si riconoscono e perseguono una ‘politica di centro’ e un progetto di Centro non soltanto è utile ma è quasi indispensabile per raggiungere realisticamente l’obiettivo. Ma, del resto, a che logica risponde la tesi di dividersi in due o più liste quando poi si converge, se si supera lo sbarramento del 4%, nello stesso gruppo parlamentare europeo? Solo un atteggiamento irresponsabile, e quindi profondamente impolitico, potrebbe giustificare una simile scelta. Anzi, e al contrario, è quasi un imperativo politico, se non addirittura etico, creare le condizioni per una presenza unitaria e coesa al prossimo appuntamento elettorale europeo. È perfettamente inutile denunciare i guasti, profondi e nefasti, di un bipolarismo persin violento e poi, per ragioni dettate da rancori, vendette personali e tradimenti vari – cioè categorie del tutto avulse da una politica adulta e matura – sancire una divisione tra chi milita nello stesso campo.

In gioco, infatti, c’è la bontà e l’efficacia di un progetto politico e non la vendetta di un leader politico nei confronti di altri leader politici. Insomma, il test delle prossime europee diventa anche un termometro per misurare il coraggio, la coerenza e la determinazione di chi vuole costruire un progetto politico nazionale e sovranazionale e chi, invece, si limita a perseguire un disegno legato alla sola contingenza. Politica e personale. E questo perchè adesso attorno ad un rilancio del Centro e di una vera e credibile ‘politica di centro’ si registra una disponibilità crescente di mondi vitali, di settori sociali, di gruppi professionali e culturali che non hanno più una rappresentanza politica e che, di conseguenza, rischiano di rifugiarsi per l’ennesima volta nell’astensionismo. Manca, cioè, un luogo politico dove chi continua a riconoscersi non in una politica urlata ma “mite e temperata”, per dirla con una felice espressione di Mino Martinazzoli, possa dare il proprio sostegno e il proprio voto.

Dopodiché, e anche alla luce dei risultati elettorali, saranno le concrete condizioni a dirci come dare seguito politico e consistenza organizzativa al progetto del Centro nel nostro paese. Per queste ragioni si avvicina il tempo delle scelte politiche concrete. Precise e anche responsabili. E cioè, o prevalgono la politica e i contenuti programmatici oppure vince l’impolitica. Che, nel caso specifico, si tratta forse di una vera e propria anti politica. Che si dice di combattere a parole ma che poi, concretamente, si pratica nelle scelte di tutti i giorni. E, in ultimo, vedremo chi lavorerà per riscoprire, rafforzare e consolidare un Centro politico plurale, riformista, di governo, dinamico ed innovativo e chi, al contrario, si attrezza solo per affossarlo.