“Quindi fatemi capire, devo portarli tutti a Bruxelles e magari vogliono anche la carrozza ed i tappeti rossi?”. Alla fine Elly è sbottata, esattamente quando il suo capogruppo in Senato, Francesco Boccia, ha presentato ai maggiorenti del Nazareno il conto della vigorosa opposizione al terzo mandato degli amministratori.
Che tradotto in realtà, significa che tutti i sindaci e presidenti di regione in vista della fine del doppio mandato, chiedono di essere candidati, per di più in prima fila, alle prossime elezioni europee del ‘24.

Il problema, che è anche un po’ una beffa del destino, è che sono una pletora.
Per ricordare i più noti, Giorgio Gori da Bergamo, Dario Nardella da Firenze, Antonio Decaro da Bari. Oltre ai presidenti della Regione Campania, Enzo De Luca, della Puglia Michele Emiliano, dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. In più, sono praticamente tutti, esponenti di rango della minoranza, in pratica del ‘vecchio’ (ed odioso) Pd.

E quindi che fare?
Il puzzle sembra più difficile del previsto da incastrare, per dire che c’è una distanza abissale tra le semplificazioni da slogan della segretaria e la realtà. Se il Pd continuasse a dire di no al terzo mandato, Elly Schlein dovrebbe preparare liste per le europee ad immagine e somiglianza dei sopravvissuti di Base Riformista e probabilmente dare per persi i pochi presidii territoriali che restano amministrati dai dem. In più se dovesse scegliere di candidarsi capolista, il rischio di essere superata nelle preferenze da uno dei suoi compagni di cordata diventerebbe molto probabile, con inevitabili ricadute sulla sua leadership al Nazareno, che secondo alcuni sarebbe già traballante.

L’ipotesi opposta, ovvero rimangiarsi la secca opposizione al terzo mandato, è per certi versi ancora più traumatica.
“Sento molto parlare di terzo mandato, vorrei ricordare che attualmente non è previsto dalla legge. Vorrei che il Pd si concentrasse sulle risposte da dare ai cittadini, delle beghe interne non frega niente a nessuno”, disse a luglio a Inonda su La7, una posizione, o meglio un rifiuto, che la segretaria del Pd ha vantato in ogni festa dell’Unità durante questa estate militante. Come suonerebbe ora tra i militanti del nuovo partito, darla vinta al ‘cacicchio’ De Luca, disarmare Susanna Camusso ed Antonio Misiani, mandati alla guerra contro il governatore della Regione Campania?

Una soluzione di questo genere, certamente, consentirebbe ad Elly Schlein di fare liste per Bruxelles a sua immagine e somiglianza, di completare il ritorno in famiglia di esponenti di SEL e di Articolo uno, e magari di riaffermare la sua autorità come capolista in tutte le circoscrizioni, senza temibili concorrenti interni. Ed anche, particolare di grandissimo rilievo, di non perdere la Regione Emilia- Romagna, ricandidando l’uscente Stefano Bonaccini, anche per gestire la ricostruzione post alluvione.

Il problema è che il via libera al partito degli amministratori suonerebbe come un passo indietro nell’agognata direzione del ‘sol dell’avvenire’ ed un punto a favore della minoranza. Un bel dilemma che Elly deve sciogliere con l’autunno.

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Vive a Roma ma è cresciuto a Firenze, è un antico frequentatore di corridoi, ha la passione per Philip Roth e per le melanzane alla parmigiana, predilige il paesaggio della Versilia