Il ritorno, per lui, non poteva essere più tormentato. Forse mancano solo i “Proci” nel comitato d’accoglienza, ma ad Andrea Orlando sono bastati Giuseppe Conte e Matteo Renzi a fargli capire quanto sia complicato il traguardo in Liguria, la sua reggia di Itaca. Poi c’è quel Marco Bucci – il competitor sbucato fuori all’improvviso – che lo affronta a muso duro alla 40esima edizione dell’Expo della Fontanabuona, davanti a tutti, telecamere comprese. Una discussione accesa che ha sfiorato persino la rissa, anche per quelle cene di finanziamento organizzate a Roma e a Milano dalla sinistra. 300 euro a coperto, alla faccia di Leila 2, lo yacht degli incontri del commendatore Aldo Spinelli, trasformato dai giudici nell’epitaffio della destra ligure.
Il veto di Conte che rovina i piani di Orlando
Insomma, un risveglio amaro per l’ex ministro “golden boy” che si era messo a disposizione del campo largo dopo l’azzoppamento di Giovanni Toti. Una contesa facile, da vincere praticamente a tavolino, quando Piazza De Ferrari sembrava l’ennesima tappa di una bella carriera. È che poi ci si è messo il leader del M5S, che proprio a Genova ha deciso di dare una lezione a quella ragazza “petulante”, naturalmente Elly Schlein. “Non voglio vedere l’ombra di un renziano”. Detto fatto, Andrea Orlando straccia il biglietto di ingresso a Italia Viva, che si vendica dello sgarbo e lascia libertà di voto.
Bucci, l’avversario peggiore
Nel frattempo Giorgia Meloni ha chiesto al primo cittadino di Genova di scendere in campo. Un amministratore – per di più un civico – stimato anche a sinistra, per la celerità nella ricostruzione del Ponte Morandi. L’avversario peggiore, che conosce il territorio, ha seguito l’istruzione delle principali infrastrutture (sa di cosa si parli, per intenderci) contro un leader nazionale cresciuto a Montecitorio e che frequenta la regione nel fine settimana. Terra ostica quanto mai poi, che nei 9 anni di governo dell’ex direttore del Tg4, ha vinto un po’ quel disincanto eterno dei suoi abitanti.
Tornare semplicemente al passato non sarà semplicissimo. Anche perché il frontman del campo largo – nato a La Spezia, città di frontiera che anticipa la Toscana – è a capo di un’alleanza che paradossalmente deve fare il tifo per i “ritardi” romani, per Matteo Salvini quindi, essendo praticamente contraria a tutto. Un “cemento” locale, che parte da lontano, dal radicalismo di un’area politica che qui si è alimentata di un vento autoctono, una sorta di ribellismo che influenzò anche le giunte rosse del secolo scorso, unito al senso pratico e a modi bruschi che hanno reso i liguri leggendari. Una specie di prestigiosa Doc. Così insieme a Orlando c’è la Champions League di chi si è opposto a tutto: alla Gronda, alla Diga, al Tunnel della Fontanabuona. A partire dal M5S per finire all’Alleanza Verdi-Sinistra, che si è presa in carico il consigliere, ex Fatto Quotidiano, Ferruccio Sansa, pronto a vedere possibili scandali giudiziari ovunque.
Testa a testa con Bucci in leggero vantaggio
I pronostici hanno subito smentito le previsioni della vigilia: sarà un testa a testa, con il sindaco sostenuto dal centrodestra in leggero vantaggio. Un piano che ha smontato i racconti dei media nazionali: in Liguria non c’è stata – almeno fino a ora – l’invasione delle telecamere; la campagna elettorale si consuma tra caruggi, cene sociali a base di acciughe e muscoli alla marinara, e piccole piazze per i comizi. Come quella che ha accolto a La Spezia, città natale del “golden boy”, domenica scorsa Schlein. Già capoluogo storicamente governato dalla sinistra, con Toti ha subìto l’onta di un’amministrazione di altro segno politico, con un primo cittadino ex dirigente della Cisl, Pierluigi Peracchini, insediato ormai da 7 anni. Peraltro da queste parti sarà impossibile rivedere il campo largo insieme sullo stesso palco: Giuseppe Conte si sta facendo la “sua” campagna elettorale (domani sarà a Genova), a distanza di sicurezza da quella della segretaria del Pd.
La resurrezione del Terzo Polo
Incredibilmente intorno a Marco Bucci invece potrebbe risorgere il Terzo Polo. Gli esuli e quelli che sono rimasti a casa loro, gli ex assessori di Italia Viva (candidati con il sindaco) e Matteo Renzi, i militanti che hanno abbandonato Azione e Carlo Calenda (che sostiene Andrea Orlando). A fare il tifo direttamente per il candidato civico sono Luigi Marattin (che ci ha pure presentato il suo “Missione Possibile”) e il libdem Andrea Marcucci. Sotto sotto però anche Renzi spera che il campo largo senza IV qui prenda una sonora lezione. Che poi è un’altra Crêuza de mä: “Dunde ne vegnì duve l’è ch’ané”.