Il cantiere delle liste
Elezioni, rissa anche a destra: Salvini piazza la squadra di governo, per Lega e FI tanti da tenere fuori
Il gran giorno sarà oggi. Il cantiere delle liste è ancora un magma senza forma. Eccezion fatta per i 5 Stelle, dove Conte ha comunque il suo da fare con proteste e mugugni. Anche il centrosinistra che s’è messo al lavoro per primo in realtà ha ancora molte questioni aperte tra rinunce di candidati in posizioni “perdenti”, conferme ma solo per testimonianza e una generale insoddisfazione per “candidature piovute dall’alto e contrarie alle indicazioni dei territori”.
Hanno scritto al segretario il Pd Lazio, il Pd Caserta (candidata una consigliera regionale eletta con lady Mastella) e quel pezzo di Pd pugliese che non si riconosce in Michele Emiliano e Francesco Boccia accusati di aver “monopolizzato e militarizzato le liste senza alcun confronto”. Clamorosa la denuncia del Pd pisano che ha indicato il professor Stefano Ceccanti e si ritrova come capolista i vertici di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni (al numero 1) e Arturo Scotto (n3). In seconda posizione una donna. Ceccanti arriva buon quarto, praticamente una candidatura di testimonianza. Sui social prende forma la protesta. Letta ha promesso di “trovare una soluzione” che ancora però non arriva.
Anche il centrodestra non ha ancora sciolto le riserve. Pur avanti di 10 punti nei sondaggi e dato da tutti vincente, fatica a trovare la quadra tra le quattro gambe della coalizione. Alleati sì, sospettosi soprattutto. Specie per chi come Lega e Forza Italia, si trova costretto a tenere fuori una media di 50 parlamentari con l’ambizione di portare in Parlamento anche i “famosi” volti nuovi. “Lavoriamo agli incastri” si dice a metà pomeriggio dal war room di Forza Italia allestita a villa Certosa in Sardegna. “Incastri e caselle” ribattono da via Bellerio, sede della Lega dove alle 18 hanno iniziato l’ennesima riunione con Salvini e Giorgetti. Giorgia Meloni è quella messa meglio, incastri e caselle per Fratelli d’Italia non sono un problema essendo l’unico partito che andrà a triplicare i seggi parlamentari passando dai 48 attuali ai 150 circa, tra Camera e Senato, stimati per la XIX legislatura.
La prima donna candidata premier ha “solo” il problema di evitare trappole e passi falsi da qui al 25 settembre. Meno si muove e meglio è. Dunque aspetta, senza fretta, perché tutto gioca in suo favore. E’ questo l’unico partito dove i nomi dei candidati vengono pronunciati senza scongiuri, occhi al cielo né timore di sorprese. Così l’ex pm Carlo Nordio ha già salutato i suoi lettori (scrive per il Messaggero) spiegando perché si lancia in questa avventura. Di lui si parla come ministro della Giustizia. Anche Marcello Pera può parlare con serenità della nuova mission e altrettanto Giulio Tremonti che già che c’è vorrebbe tornare al Mef e mettere mano a spesa e bilancio dello Stato. Saranno quasi tutti riconfermati i 48 uscenti.
Giornatacce invece per Salvini: dei 192 uscenti, ne saranno confermati – tra taglio dei parlamentari e calo dei consensi – meno della metà. Salvini ha già confermato l’attuale squadra di governo. I sottosegretari uscenti saranno candidati in collegi uninominali alla Camera: Freni nel Lazio, Molteni in Lombardia, Gava in Friuli Venezia Giulia, Nisini in Toscana e Sasso in Puglia. Il capogruppo Riccardo Molinari correrà in Piemonte, il ministro uscente Giancarlo Giorgetti in Lombardia. Sempre in Lombardia, tra gli altri ci sarà spazio per il vicesegretario della Lega Andrea Crippa. L’altro vicesegretario Lorenzo Fontana sarà schierato in Veneto. Via libera anche per Garavaglia e Stefani, il capogruppo Romeo e la sottosegretaria Lucia Borgonzoni nei proporzionali. “
Negli uninominali il 56% sono donne” rivendica Salvini. Tra i volti nuovi, nel Lazio si segnala Simonetta Matone ma anche Maria Giovanna Maglie, da tempo fidata consigliera del segretario leghista, e Annalisa Chirico. “Tutto alla grande” ha detto Salvini lasciando via Bellerio alle 19 e 30. Contestualmente sono usciti i nomi per i collegi uninominali di Camera e Senato. Confermati Gusmeroli, Rixi, Ravetto, Candiani, Bitonci, Gava, Centinaio, Giulia Bongiorno e Claudio Durigon.
Chi ha invece chiuso il dossier candidature è Giuseppe Conte. Lavoro facile, si dirà, dovendo gestire una sola forza politica. Ma anche per l’ex premier non mancano le spine. Corre per la Camera in quattro regioni e cinque collegi, dal nord al sud, come capolista: Lombardia 1, Campania, Sicilia e Puglia. Blindati i nomi del listino di Conte. I due ex magistrati antimafia Federico Cafiero de Raho e Roberto Scarpinato, fiore all’occhiello di Conte, saranno capolista rispettivamente alla Camera 3 dell’Emilia Romagna e Calabria 1 e al Senato nei primi collegi di Calabria e Sicilia. Livio De Santoli, prorettore alla Sostenibilità della Sapienza e il notaio Alfonso Colucci saranno capilista per la Camera collegio 1 e 2 del Lazio. L’ex sindaca di Torino Chiara Appendino correrà per la Camera come capolista in tutte e quattro i collegi del Piemonte, mentre l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa è in cima al listino nel secondo collegio della prima circoscrizione campana, sempre per Montecitorio.
L’attuale capogruppo al Senato Maria Domenica Castellone corre per il Senato (Campania 1). Francesco Silvestri, presidente dei deputati pentastellati, corre invece per Montecitorio nel Lazio. Il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli è capolista in Friuli Venezia Giulia, Lazio e Campania per il Senato. La sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia è in cima al listino nel collegio 2 della Sicilia per Palazzo Madama e la viceministra dello Sviluppo economico Alessandra Todde correrà in Lombardia e Sardegna. In corsa sempre per Montecitorio Gubitosa (Campania 2) e Ricciardi (in entrambi i collegi della Toscana). Pluricandidature anche per Ettore Licheri (Senato in Sardegna, in Toscana e in Piemonte) e Mario Turco (Puglia e Basilicata). Conte avrà così il suo partito di fedelissimi diviso tra Camera e Senato. I problemi arrivano con i nomi usciti dalle Parlamentarie. Ancora non sono noti. Ma già si litiga per esclusioni e retrocessioni. Come nei vecchi partiti.
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