Sardegna al voto tra incognite e sorprese. Truzzu al fianco dei big, Todde si smarca

Domenica la Sardegna vota per il rinnovo di un Consiglio regionale che da quando esiste non ha mai tenuto lo stesso segno per due legislature di seguito. Il carattere esigente e fieramente ribelle dei sardi ha imposto finora a ogni tornata elettorale un cambio di governo regionale. Sarà rispettata la regola sarda dell’alternanza? Questa volta i quattro candidati non sono troppo distanti tra loro, e in almeno tre casi su quattro possono riservare sorprese. Alle regionali del 2019 le liste di centrodestra avevano ottenuto il 51,9%, quelle di centrosinistra e sinistra il 30,6%, il M5S il 9,7% (quindi il campo largo è arrivato circa al 40%). Ma, alle europee dello stesso anno, la destra si è assestata sul 42,2%, il centrosinistra più sinistra al 31,1%, il M5S al 25,7% (campo largo al 56,8%), rovesciando praticamente i rapporti di forza, in un ipotetico confronto bipolare. Alle politiche del 2022, infine, la destra è scesa dal 42,2% al 40,5% (-1,7%), il centro ha ottenuto il 4,6%, il centrosinistra più la sinistra hanno avuto il 28,6% (-2,5%) mentre i pentastellati sono scesi al 21,8% (-3,9%; campo largo al 50,4%, 55% col centro). In questo 2024, a seconda del tasso di partecipazione al voto, è tutto possibile.

Il centrodestra spaccato

Il centrodestra si è presentato spaccato e dopo aver rinunciato alla ricandidatura dell’uscente Christian Solinas, in quota Lega, ha dovuto ottemperare all’input romano di Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari in quota FdI. La tensione è palpabile e tra un fuorionda e una battutina la scarsa affinità degli alleati per Truzzu si è rivelata per quel che è, nelle pieghe dell’evento di chiusura della campagna elettorale della maggioranza, a Cagliari. A sostegno del candidato di centrodestra Truzzu sono intervenuti sul palco, tra gli altri, i tre big della coalizione: il segretario di Forza Italia Antonio Tajani, il segretario della Lega Matteo Salvini e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Una «calata» da Roma a Cagliari che i sardi in più occasioni hanno mostrato di gradire poco. «Questo territorio è particolare, i sardi amano la Sardegna e la difendono dalle intrusioni, incluse quelle dei loro beniamini nazionali», avverte la sondaggista Alessandra Ghisleri, Euromedia Research. Alessandra Todde, che lo sa bene, avrebbe chiesto a Elly Schlein e Giuseppe Conte di stare lontani almeno gli ultimi giorni. E ha perfino invocato il precedente di Giacomo Possamai, che ha vinto a Vicenza facendo dimenticare ai suoi elettori i suoi legami con Roma. Stavolta no: Schlein e Conte vogliono – come Jep Gambardella ne La Grande Bellezza – avere il potere di far fallire la festa, ma ne devono essere per forza parte. E allora si accomodino, hanno fatto posto gli staff della Todde, ma almeno separatamente: daranno meno nell’occhio. Così Schlein prima e Conte dopo possono prendere Todde sottobraccio e rivendicarne l’amicizia un giorno l’uno e un giorno l’altro, come le targhe alterne per inquinare meno.

Gli errori di Giorgia Meloni

Meloni però ha sangue sardo e a questa regione tiene. Un esperto di genealogia ha perfino ripercorso gli intrecci famigliari dei nonni di Giorgia Meloni, provandone il grado di parentela nientemeno che con Antonio Gramsci: il filosofo comunista nato ad Ales, in provincia di Oristano. Ironie dei percorsi di sangue e degli incroci della storia. La discendente di Gramsci vuole portare l’isola più a destra che mai. Per farlo, nel suo discorso a sostegno di Truzzu, Meloni ha parlato soprattutto di quanto fatto dal suo governo negli ultimi mesi e ha rivendicato una serie di risultati, dall’occupazione all’economia. In alcuni casi ha fatto dichiarazioni supportate dai fatti, come quando ha detto che i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) destinati all’agricoltura sono aumentati da 5 a 8 miliardi di euro. In almeno quattro dichiarazioni, però, la presidente del Consiglio ha commesso errori o ha omesso informazioni importanti: il sito Pagella Politica ieri si è occupato di mettere a nudo tutte le libertà narrative che si è concessa la premier. Stando sulla candidatura Truzzu, i sondaggi sono vietati ma qualcosa circola. Sembra che lo stacco tra Truzzu e Todde sia come nell’ordine alfabetico, Todde avrebbe pochi voti in meno di Truzzu. E come nell’ordine alfabetico, Soru viene prima di Todde, anche se fino a ieri l’interessato si dichiarava convinto di vincere. Più lontana la quarta candidata, Lucia Chessa, autonomista della lista Sardegna R-Esiste.

Il primo banco di prova

Certamente la Sardegna è il primo banco di prova della maggioranza Meloni in questo 2024 di test elettorali. «Le divisioni sempre più evidenti tra Salvini e Meloni porteranno a una sconfitta clamorosa la destra alle regionali sarde di domenica? Difficile dirlo. Queste elezioni hanno una componente nazionale ma soprattutto una dinamica molto legata ai portatori di voto delle liste, specie al Sud e nelle isole», scrive Matteo Renzi nella sua E-news. «Certo è che un mese fa sembrava non ci fosse partita, oggi invece è aperta. Per due ragioni. Il primo, Meloni ha imposto il suo candidato al resto della coalizione. Il secondo, la sinistra si è divisa rifiutando le primarie. A naso vincerà chi ha sbagliato meno», conclude Renzi. Il candidato sostenuto da Italia Viva, con Azione e Più Europa, è Renato Soru. L’imprenditore, che ha già governato la Sardegna lasciando dietro di sé un buon ricordo, si scaglia contro l’accordo Pd-M5S, che è nato nelle segrete stanze di Conte a Roma e non considera la volontà del territorio. La sua candidatura, secondo il Pd, finirà per avvantaggiare il centrodestra. «I voti non appartengono a loro ma ai cittadini – risponde il candidato della Coalizione sarda – semmai il favore alla destra lo sta facendo la Schlein, che sta con un partito che ha governato con la destra». Il riferimento è al M5S che ha governato con la Lega quando andava di moda stare da quella parte. Adesso il vento potrebbe essere cambiato. E cambiare ancora: la Sardegna, terra del vento, è una miniera di sorprese.