Elezioni Thailandia, vincono le opposizioni: Move Forward è il primo partito. Ma non è ancora chiaro chi riuscirà a governare

Con un risultato sorprendente, i partiti di opposizione thailandesi hanno stravinto nelle elezioni nazionali. Con oltre il 98% dei voti scrutinati, il partito più votato è stato il Phak Kao Klai – Move Forward – che dovrebbe aggiudicarsi 151 deputati su un totale di 500 seggi. Progressista, guidato dal 42enne Pita Limjaroenrat, il partito ha cavalcato un’ondata di sostegno giovanile sui social media.

Critico nei confronti della monarchia e del ruolo dell’esercito, favorevole a una nuova Costituzione, il leader Limjaroenrat ha subito twittato chiarendo la sua completa disponibilità ad assumere la leadership: “Crediamo che la nostra amata Thailandia possa essere migliore e che il cambiamento sia possibile se iniziamo oggi. Il nostro sogno e la nostra speranza sono semplici e diretti, non importa se sarete d’accordo o in disaccordo con me, sarò il vostro primo ministro. E non importa se hai votato per me o no, io ti servirò” – ha scritto Limjaroenrat.

Ma nonostante la vittoria schiacciante, non è chiaro chi governerà: per eleggere il primo ministro e formare un governo, un partito – o una coalizione – deve conquistare la maggioranza dei 750 seggi della camera bassa e di quella alta del parlamento. Secondo la costituzione dell’era della giunta militare, il senato thailandese, 250 seggi, è scelto interamente dai militari, il che significa che probabilmente voterà per un candidato pro-militare.

Il secondo partito più votato è risultato Pheu Thai, terza versione del partito populista fondato dall’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, che dovrebbe aggiudicarsi 138 dei 400 seggi disponibili. Pheu Thai aveva candidato la figlia del fondatore Paetongtarn Shinawatra, considerata la grande favorita di queste elezioni. Grande distacco invece per il partito Palang Precharath, dell’attuale primo ministro in carica Prayut Chan-o-cha, ex generale che ha guidato il colpo di stato del 2014. Un segnale evidente dato dagli elettori all’establishment sostenuto dai militari. Un ruolo, quello dell’esercito, che resterà fondamentale. Secondo la Costituzione approvata nel 2017 infatti, i leader militari potranno nominare i 250 membri del Senato, che sceglieranno il prossimo primo ministro insieme ai deputati.

La vittoria alle elezioni legislative di Pita Limjaroenrat con Move Forward ha dato una scossa al gioco politico thailandese, raccogliendo voti delle proteste contro il governo filo militare e la monarchia. Il quarantaduenne ha detto ai giornalisti in una conferenza stampa che cercherà di costruire una coalizione con altri cinque partiti, incarnando le speranze dei giovani democratici che l’hanno sostenuto e imponendo progressivamente un’ambiziosa dinamica di riforme: tra cui la demilitarizzazione del Paese, la protezione delle libertà individuali e la riforma della legge “112” sulla lesa maestà che in Thailandia è prevede pene fino a 15 anni di carcere per chi è ritenuto colpevole di aver insultato il re Maha Vajiralongkorn, conosciuto anche come Rama X.

Con questo voto i thailandesi hanno fatto sentire la loro voce, nella speranza che sia ascoltata. Nel 2020 infatti il Future Forward, sulle cui ceneri è nato l’attuale Move Forward, è stato sciolto subito dopo il voto. L’ombra militare in Thailandia rimane sempre sullo sfondo, negli ultimi vent’anni c’è stata una continua contrapposizione tra le forze legate ai militari e monarchia, e quelle del milionario in esilio Thaksin Shinawatra i cui governi – insieme a quello della sorella Yingluck – sono stati esautorati dai golpe militari del 2006 e del 2014. Dopo l’ultimo, i militari hanno scritto anche una bozza della nuova Costituzione e nel 2016 l’hanno sottoposta a un referendum, facendo però arrestare e processare da tribunali militari coloro che si proclamavano contrari e che avevano espresso l’intenzione di votare contro il nuovo testo. Costituzione che è entrata in vigore nel 2017 e che il leader progressista Pita Limjaroenrat ha intenzione di modificare.

Il programma del Phak Kao Klai prevede fra le altre cose proprio una revisione delle leggi riguardo le offese alla monarchia, ma anche un forte ridimensionamento del potere dei militari: si chiede l’abolizione della coscrizione obbligatoria, la riduzione delle dimensioni e dei bilanci delle forze armate, il superamento della Costituzione approvata nel 2017. Altre richieste di riforma riguardano l’economia, il superamento della pesante burocrazia che rallenta la crescita del paese, il riconoscimento dei matrimoni omosessuali e un salario minimo fissato a 13 dollari al giorno.