Mentre l’“Economist” festeggia l’economia americana come il vero gioiello del pianeta, i Brics (Brasile, Russia, India e Sud Africa, più Iran e Turchia) si sono riuniti a Kazan come una multipla potenza, cercando di creare la moneta alternativa al dollaro americano per gli scambi commerciali. È il grande sogno di Putin che segue spasmodicamente le elezioni americane tifando Trump. Ma finora, anche shakerando criptovalute e blockchain (un sistema per rendere inutili le banche), il sogno di Putin è arenato dalla superpotenza del dollaro.

Intanto in America il miliardario spaziale Elon Musk è in competizione diretta con la Cina che comincia a vendere per 211.000 dollari (non yen, rupie o real brasiliani, figurati i rubli) gite stellari su navette simili a quella del film di Kubrick2001 Odissea nello Spazio”. Il mondo esterno all’America che va al voto è più fragile della stessa America: il presidente cinese Xi Jinping è angosciato per la situazione economica cinese e al di là delle parole non ha alcuna voglia di litigare con gli americani. Ma seguita a crescere il livello di stress (e dunque di cortisolo) degli elettori americani, ai quali importa poco vivere nel “gioiello del pianeta”.

La campagna è povera di contenuti ma non di effetti speciali: Trump sta passando i suoi guai dopo aver dedicato alcuni minuti di un discorso pubblico al pene di un giocatore provocando la reazione dell’elettorato “Christian”. Ma ecco che da poche ore irrompe una questione ideologica introdotta dalla Harris, che ha definito “fascista” Donald Trump. Il fascismo storico idolatrava lo Stato e annichiliva l’individuo, e sembra l’esatto opposto di quel che dice Trump. L’elemento “fascista” starebbe nel fatto che Trump promette una gestione autoritaria e liste di proscrizione dei suoi personali nemici. È certamente un uomo verbalmente violento, come quando descrive Kamala come una che “ha più cervello nei piedi che nel cranio”. Negli Stati Uniti l’uso dell’aggettivo fascista erompe nei momenti più caldi dello scontro, ma in questa campagna finora nessuno lo aveva usato. E per la seconda volta in Pennsylvania, Harris ha risposto alle domande di Anderson Cooper sulla CNN, che le ha chiesto se si sentisse davvero di affermare che Trump è un fascista e lei ha detto: “Sì, lo confermo. Ne sono assolutamente sicura”. E poi, dopo un attimo di riflessione: “Lo ripeto: Trump è un fascista”.

Le sue parole hanno risvegliato John Kelly, il collaboratore più longevo di Donald Trump: “La Harris ha ragione: l’aggettivo fascista è perfetto per Donald Trump. Ve lo dice uno come me, uno che c’era. Trump ha studiato gli strumenti che offre la Costituzione per instaurare una dittatura contro la quale il nostro ordinamento non ha anticorpi”. La Harris aveva dato del fascista a Trump per la prima volta ieri l’altro, mercoledì, in televisione a Chester Township: “La gente ha ragione ad essere preoccupata per il carrello della spesa, ma non lo è meno all’idea di avere un presidente che spudoratamente esalta i peggiori dittatori. Perché sorprendersi? Lui stesso è un fascista”.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.