La campagna elettorale americana dei due candidati si è polarizzata, sia a destra che a sinistra, su un unico tema: l’immigrazione illegale. Donald Trump ha annunciato l’operazione Aurora, dal nome della città in cui parlava, e ha detto di voler rastrellare tutti gli immigrati appartenenti a gang criminali e che hanno evaso l’ordine di espulsione. Ma per cercarli dovrà arrestare intanto tutti gli immigrati e concentrarli in campi appositi. E qui arriva il peggio: the Army, l’esercito con cui si fa la guerra fuori dai confini, dovrà partecipare insieme alla Guardia Nazionale alla caccia all’uomo. Trump vuole che le forze armate varchino il Rubicone che separa la guerra dalla repressione interna.

Non era mai accaduto, neanche nel caso della drastica operazione con cui il presidente Lyndon Johnson ordinò negli anni Sessanta che gli afroamericani del Sud fossero reintegrati in scuole, mezzi di trasporto e luoghi pubblici. Fu usata la Guardia Nazionale territoriale interna, ma mai le forze armate. Sul fronte democratico, Kamala Harris – che è stata in passato favorevole alla depenalizzazione del reato di migrazione clandestina – adesso è in competizione con Trump e ha fatto una virata a destra, pronta alle maniere forti per bloccare e ricacciare la marea umana che sale dal Guatemala al Messico e di lì negli Stati Uniti attraverso una frontiera in gran parte a prova di barriere.

Qual è la vera ragione politica di questo duplice giro di vite?

I voti dei latinoamericani legali e di una parte dei neri che, stando ai sondaggi stanno abbandonano delusi il partito dei buoni e illuminati di sinistra, esprimendo la tentazione di votare Trump. Perché? Perché si sentono assediati dagli immigrati illegali che minacciano il loro standard di vita garantito dalle leggi e i loro posti di lavoro. Barack Obama parlando a Butler ha fatto una cosa del tutto nuova e impensabile: ha tenuto un comizio da nero a neri, con un inconsueto accento nero per chiedere ai suoi confratelli se non sono matti da legare votando un loro nemico come Donald Trump. A queste elezioni molti bianchi si considerano una minoranza: se non hanno una laurea o un diploma di high school non vanno oltre la loro stalla: sono i “bifolchi” delle montagne e delle pianure, agricoltori privi di titoli per competere con etnie nuove ed energiche che li sorpassano.

Tutti costoro si sentono travolti dal mainstream woke e si sentono traditi dalle politiche di totale accoglienza di tutte le sinistre per accoglienza e integrare chiunque, con un sistema che per ora ha fallito. Anche i rapporti umani, amicizie interrazziali e relazioni stabili, languono. Ad attendere gli autobus a New York si formano gruppi separati. I sondaggi della “New York Times-Siena” mostrano un paese diviso dagli stereotipi e Kamala Harris si dedica con scrupolo a rinnegare il suo passato. Intervistata con molta affettuosità dall’amica Cnn, è riuscita ad irritare la sua benevola intervistatrice per non aver detto nulla. Tuttavia, il vantaggio della Harris è di circa due punti su Trump e si rafforza.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.