Fino alla sentenza della Consulta sul caso Campania, in Veneto le strade che si prospettavano erano due: la prima con Luca Zaia alla ricerca della riconferma come candidato del centrodestra per il quarto mandato; la seconda invece guardava alla scelta di un candidato nuovo e unitario, evitando scivolate in quella che è una roccaforte del centrodestra. Ma a incidere sulla seconda possibilità c’era sempre la presenza ingombrante del Doge, speranzoso fino all’ultimo di strappare la riconferma per Palazzo Balbi. A far sfumare lo scenario sono stati i giudici della Corte Costituzionale, chiudendo la porta ai governatori uscenti che hanno ricoperto due mandati consecutivi.

Così anche il trono e lo scettro di Zaia sono lì in attesa di capire chi sarà l’erede. Ed è qui che entrano in gioco delle logiche più grandi e che esulano dal mero discorso territoriale. Non è un mistero che sul Veneto potrebbero rimescolarsi alcuni equilibri interni alla coalizione di centrodestra, con Fratelli d’Italia che – veleggiando sulle onde del 30% – appare leggermente insofferente alla disparità sul piano dei governatori con gli alleati oramai minori. Certo, quegli equilibri appartengono a un passato archiviato e in cui i meloniani erano la terza gamba della colazione. Ma oggi anche nelle Regioni a prevalenza leghista, come il Veneto, Fratelli d’Italia si è imposta tanto alle elezioni politiche quanto alle elezioni europee, divenendo il primo partito e doppiando la stessa Lega.

Molti predicano cautela, in quanto il voto nazionale è una cosa mentre quello territoriale si conquista su un consenso che non può essere esclusivamente quello di una leader con il vento in poppa a fare da traino. Qui subentrano, oltre ai risultati ottenuti nell’era Zaia, le barricate del Carroccio, che di cedere il Veneto non vuol sentirne parlare. Ma da FdI rivendicano il sempre maggiore radicamento sul territorio, ribadendo come la crescita del partito sia certo dovuta all’apprezzamento generale verso Giorgia Meloni, ma anche grazie al lavoro che gli esponenti del partito hanno saputo mettere in campo.

La contesa veneta non si limita al derby tra Fratelli d’Italia e Lega: se le carte dovranno essere rimescolate, allora anche Forza Italia – animata dagli esuli leghisti – sembra voler tentare l’azzardo. Secondo molti, anche solo per infastidire la Lega, perché difficilmente FdI rischierebbe una frizione con l’alleato “nordico” per poi cedere agli azzurri la poltrona di governatore. La partita è ben lungi dall’essere definita, mentre i nomi degli aspiranti governatori in casa meloniana – da Luca De Carlo a Raffaele Speranzon – continuano ad animare il dibattito.

Per Matteo Salvini la strada resta quella di mantenere il controllo del Veneto, rinviando alla Lombardia una possibile staffetta con Fratelli d’Italia, proposta che Meloni potrebbe valutare. Anche perché giocare un derby interno in una roccaforte non è mai una scelta sicura, soprattutto quando l’elettorato di confronto non è incline al politichese e alle guerre intestine, ma apprezza e sostiene esclusivamente la formula unitaria e compatta, tollerando le discussioni solo se marginalizzate a piccoli battibecchi. L’elettorato del centrodestra non è quello di sinistra, e dovrebbe essere questa la prima preoccupazione da tenere presente per le segreterie dei partiti che governano l’ex Serenissima e l’Italia.

Alla fine sarà Meloni a dover sbrogliare il bandolo della matassa insieme a Salvini, Tajani e Lupi e forse anche con i centristi che – oggi più di ieri – guardano al centrodestra in alternativa alla sinistra dominata dal caotico e radicale duo Conte-Schlein. La bussola è chiara, o almeno così dovrebbe essere: evitare gli errori come in Sardegna, ascoltare i territori e non far percepire ai territori decisioni calate dall’alto, perché l’orgoglio regionale è più forte di quello che spesso troppo semplicisticamente pensiamo.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.