La “pazza idea” di Schlein
Elly pensa alla maglia da Capitan*
La Segretaria Dem valuta l’ipotesi di candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni alle elezioni europee del 2024
Nello stanzone dell’ufficio stampa al secondo piano del Nazareno, i dipendenti, con un misto di compiacimento e di sarcasmo, hanno iniziato a chiamarla la ‘capitana’. “La capitana è nel suo bunker?”, “Dove va oggi la capitana?”, “la capitana ha già bevuto i suoi infusi naturali?”.
La voce – come succede in questi casi – ha cominciato a girare e a diffondersi in Transatlantico, creando una sorta di tam tam anche nei gruppi parlamentari (soprattutto in Senato dove le ‘malelingue’ allignano con più facilità) alle spalle del ‘patriarca’ Francesco Boccia. Sarà un effetto dell’estate rovente, di ‘Adelante Pedro’, il fatto è che ad Elly Schlein è venuta una ‘pazza idea’.
Emulare il Matteo Salvini del 2019 (2,2 milioni di preferenze raccolte), il ‘capitano’ per l’appunto, lanciare il guanto di sfida a quelli del ‘passato’, che siano Bonaccini, Guerini, De Luca o Emiliano, e candidarsi da capolista in tutte le circoscrizioni alle prossime elezioni europee del ‘24. Una sfida all’O.K. Corral, che avrebbe più obiettivi interni che esterni: costringere un Pd che continua ad essere riottoso ad accettare la sua piena ed incontrovertibile leadership. ‘Una donna sola al comando’, e passi che sul tema in passato si scatenarono polemiche sanguinose.
Perché poi è pur vero che ieri alla Camera, nonostante le teste basse ed i mugugni strozzati in gola, sull’emendamento di Riccardo Magi (Più Europa) sulla cosiddetta ‘Gpa solidale’, la tanto temuta divisione alla fine non c’è stata. La segretaria che ‘vede lei che bacia lui, che bacia lei’ si è inventata un Aventino particolare per tenere insieme il Gay Pride e Graziano Delrio che in fondo è pur sempre un altro modo per declinare ‘Mon Amour’. Così almeno la ‘genialata’ della presidente Chiara Braga di uscire dall’Aula non ha convinto solo la ‘renitente’ Paola De Micheli (che ha votato contro) e ‘l’eterno’ Bruno Tabacci (che si è astenuto), ma garanzie su un Pd più quieto, la segretaria a dire il vero non ne vede.
È esattamente in questo segmento che il punto si intreccia con le europee. L’ardire di fare la numero uno in tutta Italia è l’estrema ratio per costringere il corpaccione del Pd ad accettare la sua segreteria, in pratica ricongiungere il voto degli iscritti a quello degli elettori, divaricato al tempo delle primarie.
L’ipotesi – sia chiaro – al momento è solo una suggestione che la attrae, ma il suo cerchio stretto è ancora molto titubante, diviso tra i super entusiasti (come il suo portavoce Flavio Aliverini) e gli scettici. Perché se sfida dovrà essere, poi la sfida va anche vinta, raccogliendo una massa di preferenze considerevole e portando il partito ad una percentuale competitiva, che non sia il 19 virgola qualcosa di oggi. L’obiettivo deve essere eclatante: non tanto il 40 e passa per cento raggiunto da Matteo Renzi, ma qualcosa comunque di significativo, da usare per l’estate militante del 2024. Per farlo, bisogna mettere tutto il partito a lavorare per lei, non solo i ‘quattro gatti’ che resistono con un pianto ed un lamento al Nazareno, ma le macchine regionali o quel che rimane, i potenti comitati elettorali dei ‘capataz’ locali che per definizione non la amano, un’impresa che sulla carta – viste le divisioni del Pd attuale – sembra francamente impossibile.
Elly però ha iniziato a porre il tema, ed in questo, l’effetto spagnolo, la corsa di Pedro Sánchez, hanno avuto un ruolo predominante, se non più esattamente, ‘dopante’. Il resto lo hanno fatto i messaggi sinistri di Cesena, gli applausi a Simone Uggetti, l’ambiguità di Romano Prodi, l’emersione di un partito, organizzato dall’infido Stefano Bonaccini, che non sta con lei, il perdurare dell’impasse snervante in Campania alle prese con il governatore Enzo De Luca, le progressive difficoltà del dossier Europee, con la moltiplicazione di candidati capilista: Nardella, Gori, Picierno, Emiliano, lo stesso Presidente dell’Emilia Romagna e le aspettative degli amici che attendono una ricompensa.
Ovvero l’idea che un fuoco lento la porti a bollore esattamente nella prossima primavera, quando si giocheranno partite decisive nelle città e a Bruxelles. E allora bisogna reagire, pensa Elly, rimirando quella maglia, ovviamente di color pastello, con la fascia da capitano. O meglio capitan*, per non rinunciare comunque alla sua cultura di provenienza, alla sua cifra.
La convinzione che il prossimo turno elettorale sia determinante anche per il suo futuro di segretaria, la porterebbe per indole a ‘prendere il toro per le corna’, perché d’altra parte come scrive l’amato chansonnier Daniele Silvestri, “Mi piace sentire la forza di un’ala che si apre, | volare lontano, | sentirmi rapace”.
Il risvolto della medaglia è che con una scelta così temeraria, Elly alla fine possa perfino semplificare la vita dei suoi oppositori, mettendo volontariamente la propria testa nel cappio che da settimane la aspetta sulla scenica terrazza del Nazareno. E l’inquieta segretaria dem già se li immagina l’entusiasmo, la voracità, dei suoi oppositori a tirare la corda, a deporla, e a tornare dopo pochi attimi, alle tarantelle del passato.
Ed allora che fare? La maglia da capitano, per ora, bella piegata, riposa nel cassetto, ancora qualche mese per riflettere, ma l’impegno che ha preso nella stanza del capogruppo Francesco Boccia, il ‘patriarca’, è di decidersi entro ottobre. Nel frattempo l’ormai onnipotente senatore dovrà fare una accurata ricognizione delle forze in campo, pronte a dare la vita per la battaglia finale della capitana.
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