Nel panorama politico internazionale, Elon Musk si staglia come una figura ambigua e, in molti casi, divisiva. Visionario tecnologico e imprenditore di successo, Musk sembra aver preso una strada che lo allontana dal semplice ruolo di innovatore, per abbracciare una narrazione politica che lo posiziona vicino, se non in alleanza, con le frange più estreme della destra globale. Una scelta, questa, che non appare, a mio modo di vedere, dettata da un reale convincimento ideologico, ma piuttosto da un calcolo strategico che ben si sposa con le sue ambizioni personali e i suoi interessi economici e tecnologici.

Per comprendere le motivazioni dietro questa inclinazione, bisogna partire da un presupposto fondamentale: Musk non è un ideologo. Non è storicamente legato ad un credo politico che si radica in una visione del mondo conservatrice o reazionaria. Al contrario, il suo orientamento politico sembra più che altro strumentale, un mezzo per un fine più ampio. Quel fine è il potere di plasmare il futuro secondo le sue prioritarie visioni, utilizzando la sua forza economica e tecnologica come leva per intervenire sui grandi piani inclinati del nostro tempo: la crisi climatica, l’intelligenza artificiale, l’andamento demografico mondiale, l’esplorazione spaziale e il controllo dei flussi informativi globali.

Perché la destra estrema?

Le risposte si trovano in una lettura pragmatica della geografia politica globale. Sostenere l’estrema destra non significa sposarne gli ideali, ma riconoscere un terreno fertile su cui costruire senza interferenze. Le destre estreme, per loro natura, tendono a promuovere un modello di governance debole e poco regolamentato, un vero e proprio “far west” in cui attori privati oligopolistici con immense risorse economiche possono operare senza ostacoli. Per Musk, questa è una condizione ideale: meno regole, meno concorrenza, meno trasparenza, più spazio per la legge del più forte e, soprattutto, per chi può beneficiarne.

Dall’altra parte, sostenere forze politiche diverse comporterebbe sfide molto più complesse. La sinistra, per esempio, difficilmente incrocia le priorità che interessano Musk. Concentrata su redistribuzione, diritti civili e controllo pubblico dell’economia, rappresenta un ostacolo naturale alla sua visione economico-imprenditoriale per affrontare le sfide globali. Allo stesso tempo, l’area centrale della politica mondiale — quella liberale, pragmatica e razionalista — potrebbe rappresentare un rischio ancora più grande. Sebbene questa compagine sia potenzialmente in grado di incrociare alcune delle sue priorità, essa è anche incline a cercare soluzioni bilanciate che prevedano un maggior coinvolgimento dello Stato in settori chiave e una regolamentazione più trasparente e ispirata a principi di meritocrazia e concorrenza del mercato, pur lasciando ampi spazi all’iniziativa privata. Un equilibrio che Musk non può accettare, poiché limiterebbe la sua capacità di agire come attore dominante in barba alle regole dei pesi e contrappesi fra economia, politica ed istituzioni.

L’agenda parallela

Sostenere la destra estrema consente a Musk di mantenere il controllo su un progetto più grande: costruire soluzioni radicali e trasformative attraverso il potere delle sue aziende e delle sue idee. Guardiamo a Tesla e alla sua rivoluzione nel campo dell’energia rinnovabile; a SpaceX, che punta a rendere l’umanità una specie multiplanetaria; o a Neuralink, con cui intende fondere cervello umano e intelligenza artificiale; e infine a Starlink, il sistema che garantisce connessione internet tramite tecnologia satellitare di cui si parla molto negli ultimi giorni (anche a sproposito da parte di alcune opposizioni in Italia).

Sono progetti che richiedono non solo risorse immense, ma anche un contesto politico e normativo che li lasci liberi di evolversi senza troppe restrizioni.

Le destre estreme, pur nei loro limiti, offrono proprio questo: l’assenza di un progetto politico serio e strutturato lascia spazio a chi ha visioni e capitali per agire. Per Musk, l’importante è che il campo sia sgombro per mettere in atto la sua agenda.

Una questione di tempo

Musk sa che il tempo è una variabile cruciale. La crisi climatica avanza, l’intelligenza artificiale evolve rapidamente, e le società globali si trovano a un bivio. Ogni soluzione che richiede processi democratici complessi o compromessi politici rischia di essere troppo lenta. Solo una concentrazione di potere decisionale — tecnologico, economico e, in alcuni casi, politico — può garantire la rapidità necessaria per affrontare queste sfide. Ecco perché Musk punta su un sistema che favorisce l’azione da free-rider sopra ogni altra cosa, anche a costo di legittimare forze politiche che mettono a rischio le fondamenta stesse delle democrazie liberali.

Il sostegno di Elon Musk all’estrema destra non è quindi a parer mio una scelta ideologica, ma strategica. In un mondo dove le soluzioni alle sfide globali richiedono velocità e concentrazione di potere, l’imprenditore ha individuato nella destra estrema il veicolo politico più adatto per portare avanti i suoi obiettivi. Una sinistra troppo distante dalle sue priorità e un centro pragmatico rappresentano, per motivazioni diverse, ostacoli che non può permettersi di affrontare.

La domanda che rimane aperta è: il prezzo di questa scelta sarà sostenibile per le società con cui Musk opera, o il suo calcolo finirà per alimentare le stesse crisi che pretende di risolvere? Una storia tutta da scrivere e di cui siamo solo all’introduzione.

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Nato nel 1995, vivo a Trieste, laureato in Cooperazione internazionale. Consulente per le relazioni pubbliche e istituzionali, ho una tessera di partito in tasca da 11 anni. Faccio incontrare le persone e accadere le cose, vorrei lasciare il mondo meglio di come l'ho trovato. Appassionato di democrazia e istituzioni, di viaggi, musica indie e Spagna