Il caso della 15enne scomparsa 40 anni fa
Emanuela Orlandi, la favola satanica su Papa Wojtyla pedofilo e assassino e la “furia” politica del fratello Pietro
C’è qualcosa di molto innaturale, illogico e allarmante negli atteggiamenti furiosi e oltraggiosi che si registrano quando emergono nuovi fatti o nuove ipotesi sulla scomparsa nel 1983 della quindicenne Emanuela Orlandi che non vadano d’accordo con una orribile vulgata, nata senza alcuna prova che ha uno scopo evidentissimo: distruggere l’immagine storica del Papa polacco Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II, il vero autore attraverso il sindacato Solidarnosc e il suo leader Lech Walesa del collasso del sistema sovietico e della caduta dell’impero di Mosca. Una generazione è scomparsa, una nuova e inconsapevole viene nutrita con una favola satanica: quella secondo cui il Papa fu il seduttore pedofilo e il mandante della soppressione di Emanuela Orlandi.
Da Presidente di una commessione d’inchiesta riaprii nel 2005 l’indagine sull’attentato al Papa dell’11 maggio del 1981, realizzato dal killer turco Mehmet Alì Agca, che fu arrestato e rivelò la trama ordita dai Sevizi Segreti bulgari per conto dei servizi segreti militari sovietici. Poi, dopo il rapimento di Emanuela, si rimangiò tutto dichiarandosi «Gesù Cristo tornato sulla terra». Dalla prigione turca con una lettera pubblicata da Repubblica chiese di aiutarlo a uscire dal carcere turco offrendo la liberazione della Orlandi. Scarcerato, nel 2010 invitò Pietro Orlandi ad un incontro segreto che attrasse l’attenzione di tutti i Servizi Segreti perché fu stabilita la strategia per diffamare la memoria stessa del Papa polacco per distruggere la sua immagine politica antisovietica. Da allora, il fratello di Emanuela è diventato il più acceso accusatore del Papa polacco ottenendo la massima visibilità mediatica.
A questo punto il Vaticano ha riaperto un dossier già inviato alla procura di Roma su uno zio di Emanuela, Mario Menguzzo, il quale avrebbe molestato Natalina Orlandi (sorella maggiore di Emanuela). Questo zio, morto da tempo, si improvvisò gestore delle telefonate con i rapitori della nipote, di cui non disse nulla. Così, si apprende che il Papa polacco aveva preso talmente a cuore la tragedia degli Orlandi da far intervenire il Segretario di Stato, monsignor Casasoli, per chiedere notizie all’ex confessore della famiglia Orlandi che confermò che Natalina era terrorizzata dagli agguati dello zio. E fin qui siamo nella cronaca.
Ma poi c’è un punto che non è di cronaca ma politico e riguarda la «furia» espressa da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, il quale insorge, con grande amplificazione mediatica, ogni volta che emerge un fatto, un indizio, un ricordo che scardina la tesi – del tutto politica e sostenuta da alcuna prova – delle mostruose responsabilità dell’uomo che dalla sede apostolica mise in crisi e fece crollare il sistema sovietico in Europa molto prima del simbolico «muro di Berlino». Ali Agca nel frattempo, invocando il Terzo segreto di Fatima (cosa che gli capita spesso), ha definito «assolute sciocchezze» tutte le voci su un Papa pedofilo e assassino che va molto di moda nel vasto partito filorusso, che non ha mai mandato giù il Papa polacco.
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