Cittadini che guardano Netflix a bocca aperta
Emanuela Orlandi moneta di scambio di Agca, basta fango su papa Wojtyla: “Va screditato o eliminato fisicamente”
Devo dire di aver provato un tale ribrezzo e sconcerto e istinto di ribellione vedendo frammenti del filmato sulla povera Emanuela Orlandi, da non riuscire a vedere tutto. Lo farò, ma devo placarmi perché avevo capito dai primi accenni e clip dove questa pretesa inchiesta andava a parare: la Orlandi? Una povera adolescente adescata nientemeno che dal Papa polacco. Quello che ha fatto cadere il comunismo? Sì, si vantava di questo ed era un brutto tipo… e seguono testimonianze balbettanti, tutte al condizionale allusivo mormorato, qui lo dico e qui quasi lo nego. E ho pensato: ben scavato, vecchia talpa. Stiamo assistendo alla degradazione come quella del capitano Dreyfuss nel quadrato militare. Oggi siamo nel 2023. Sono passati più di quarant’anni e abbiamo di fronte una platea di cittadini che poco o nulla sanno e che guardano Netflix a bocca aperta, milioni di giovani che non sanno nulla di questa storia e questo stupor della memoria in cui si ficca la banda della Magliana prêt-à-porter, la banca vaticana dello Ior dove il Pci cambiava i dollari di Mosca in lire italiane, e poi lo stupro.
Tutto avviene in televisione e – sorpresa incredibile – il Parlamento se ne fa carico e promuove una Commissione parlamentare d’inchiesta. Bravissimi. È così che si compie la direttiva secondo cui quel papa andava possibilmente ammazzato (per motivi di contesa territoriale) e comunque distrutto nel discredito, arso sul rogo per essere stato lui, l’agente Woytjla ad aver fatto crollare l’impero dell’Est. Quando fu eletto quel Papa, che era stato per anni arcivescovo di Cracovia e un osso durissimo per Mosca, il più longevo e lungimirante (e più crudele capo del Kgb) emise una direttiva per tutti i capi delle “residenture” (stazioni) del Kgb specialmente europee: “Caro compagno, è stato eletto Papa del Vaticano il pericolosissimo e famigerato Karol Wojtyla, nemico dei sistemi socialisti, per cui sarà necessario screditarlo o distruggerlo come immagine pubblica, oppure eliminarlo fisicamente”.
Una direttiva simile fu presa dal Presidium e del Comitato Centrale, firmata anche da Michail Gorbaciov in cui si raccomandava l’uso di misure attive vale a dire prima di tutto discredito, derisione, accuse infamanti atte a distruggere l’immagine, e in caso estremo l’assassinio. Tutto ciò è avvenuto già, la parte che riguarda l’omicidio, ma adesso stiamo assistendo con sadico candore alla “character assassination” dell’uomo che ha abbattuto il regime comunista in Polonia costringendo l’Urss a dare forfait, ridotta allo stremo dissanguata dall’inutile corsa agli armamenti. Come Presidente di una Commissione d’inchiesta, nel 2006 dalla cella del suo carcere in Turchia, Ali Agca, l’attentatore del Papa, mi scrisse una lettera manoscritta: “Se lei, Presidente Guzzanti, mi farà uscire da questo carcere, io le prometto di consegnarle viva Emanuela Orlandi”. Curiosamente, quella lettera non fu recapitata a me ma al quotidiano Repubblica che la pubblicò fotografata e ben leggibile.
Agca usava il rapimento della Orlandi come moneta di scambio per la sua liberazione e lo faceva sia con l’allora Cardinale Ratzinger che con lo stesso Wojtyla. Intanto, arrivò la notizia che l’ostaggio promesso dai generali bulgari era stato effettivamente catturato. E questo semplice e tragico fatto permise al mancato assassino di distruggere tutto quanto aveva confessato fingendosi pazzo, dichiarandosi Gesù Cristo tornato in terra e rendendo giudiziariamente inservibili le sue dettagliate confessioni. Poi l’ha usata come offerta di scambio: la mia libertà in cambio di Emanuela Orlandi. La Orlandi per avere la libertà.
Tutti sapevano che Emanuela Orlandi era stato l’asso nella manica dell’attentatore. Appena arrestato, aveva vuotato il sacco raccontando per filo e per segno, con nomi date e circostanze del suo addestramento per uccidere il Papa e come era fatta la squadra che lo accompagnava: Agca era un killer a pagamento e aveva assassinato da poco un famoso giornalista turco. Mentre era a Rebibbia, due sedicenti giudici militari bulgari erano andati a trovarlo e, come lui stesso raccontò più tardi, gli intimarono di ritrattare tutto sia minacciando i suoi familiari, sia rassicurandolo che presto sarebbe avvenuto un rapimento in Vaticano che avrebbe fatto da merce di scambio. Da quel momento Emanuela Orlandi diventa ostaggio, rendendo molto bene come investimento terroristico. Nella primavera del 1982, un anno dopo l’attentato, il giudice Ferdinando Imposimato indagando sulle Brigate Rosse, scoprì attraverso l’agente bulgaro Ivan Tomov Dontchev, che i bulgari volevano nel gennaio 1981 far saltare in aria sia Lech Walesa, in visita a Roma, che il Papa. Dontchev spiegò di essere stato personalmente in contatto con Ali Agca (il turco che sparò al papa il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro) e sostenne che un unico filo univa il caso Moro e l’attentato al Papa, di cui – sottolineò – il sequestro di Emanuela Orlandi fu “l’inevitabile sviluppo”. Di un certo Tomov e del caso Walesa aveva parlato anche Ali Agca, per conto proprio, al giudice Ilario Martella.
Il giudice Priore ricorda che nel 1986, si svolse un incontro fra tre polizie a Parigi per la ricerca della casa ove sarebbe stata Emanuela Orlandi. I servizi francesi non sbagliano. La Orlandi fu prigioniera anche a Parigi. Il giudice Imposimato confermò che Agca ritrattò tutto dopo il rapimento avvenuto il 22 giugno 1983 e fu colpito dal fatto che Agca aveva messo in relazione il rapimento Orlandi con la sigla “Turkesh”, utilizzata dai rapitori di Emanuela Orlandi perché molte delle loro lettere recavano la sigla Turkesh. Il servizio segreto della Germania Est Stasi (il film “Le vite degli altri”) si era certamente occupato della corretta gestione del rapimento Orlandi. E infine l’agente tedesco orientale Günther Bohnsack disse a Imposimato che dopo l’attentato al Papa, Yuri Andropov capo del Kgb, intimò al Ministro dell’Interno della Germania Est, Erich Mielke “fate tutto ciò che è necessario per dimostrare lo zampino della Cia e per distruggere le prove. Tutti i mezzi sono consentiti. Bisogna seminare tracce contro la Cia con disinformazione, aggressione, terrore, sequestri, omicidi”. Abbiamo avuto il sequestro di Emanuela Orlandi, che rappresenta uno di quei fatti misteriosi, ma connessi a questa vicenda e a quella dell’altra ragazza, Mirella Gregori. Emanuela Orlandi aveva la cittadinanza vaticana, invece Mirella Gregori era cittadina italiana. Come mai non se ne parla?
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