Emergenza Covid, che fine hanno fatto i parlamentari campani?

I parlamentari sono i veri desaparecidos di questa fase. Qualcosa del genere si era detto anche per i sindaci, ma da quando il governo li ha chiamati in causa per distribuire gli aiuti ai più bisognosi, le cose sono cambiate: ora anche uno come de Magistris, in un primo momento inabissatosi per lasciare il lavoro sporco a De Luca, ha ricominciato a farsi sentire. Diversamente, dei parlamentari si sono perse le tracce. Perfino dell’ultimo eletto in ordine di tempo, Sandro Ruotolo, portato a modello di una politica meno verticistica e più ricca di fitte reti sociali, ora si sa molto poco. Perché questo generale sfilacciamento? La domanda non è retorica né provocatoria. È semmai seriamente allarmata, essendo i parlamentari un elemento fondamentale del sistema democratico. Riccardo Nencini, senatore leader socialista, si è messo a fare il volontario sulle colline di Barberino di Mugello, in Toscana.

“Provo a rendermi utile distribuendo pasti e farmaci a domicilio“, ha raccontato al Corriere della sera. La sua è una testimonianza ambivalente perché, se avesse avuto da lavorare in Senato, certo non avrebbe abbandonato il suo posto. Ma detto questo: e i nostri parlamentari? A parte qualche post su Facebook, che fine hanno fatto? Nella lunga stagione populista, iniziata con la contestazione della “casta” e di certo non ancora finita, sono di colpo tornati in scena sia gli esperti, totalmente sfiduciati dopo la crisi del 2008, quando, vestiti da economisti, non capirono un tubo di quello che stava per succedere; sia gli uomini politici forti, incarnazione del potere esecutivo. Nessuna rivalutazione è invece all’orizzonte per loro. Per senatori e parlamentari valgono perlopiù le considerazioni demagogiche di sempre: sono troppi, guadagnano in modo spropositato e non sarebbe male se rinunciassero anche alla libertà di mandato.

Ma il problema resta. D’accordo, sono orfani dei partiti di una volta, del Principe su cui, per volere costituzionale, sembrava dovesse reggersi la Repubblica; vagano ai margini del potere legislativo, perché il parlamento si è ridotto ormai a istituzione ornamentale e si va avanti a forza di decreti legge e di decreti del presidente del Consiglio; e risentono vistosamente della mortificazione prodotta da anni e anni di antipolitica. Ma tutto ciò non basta ancora a spiegare perché, salvo rare eccezioni, ora sono addirittura spariti provocando il più clamoroso caso di ghosting (dall’inglese ghost, fantasma) degli ultimi tempi. Il fenomeno è nazionale.

Ma è indubbio che a Napoli assume tutta un’altra dimensione, perché questa è la città delle emergenze. In queste occasioni, nel passato, parlamentari si sono sempre distinti, fosse solo per non perdere il contatto con il loro elettorato. E sempre hanno fatto da anello di congiunzione tra gli ultimi e i decisori istituzionali, tra l’iniziativa privata e quella pubblica. Nella Napoli del colera, parlamentari come Peppe Avolio, Antonio Caldoro ed Egizio Sandomenico si diedero da fare per organizzare le vaccinazioni prima ancora che arrivassero gli americani con le pistole automatiche al posto delle nostre patetiche, eppure ancora utili, siringhe di vetro.

Lo stesso impegno ci fu anche al tempo del terremoto, quando emersero personalità come Andrea Geremicca, tanto per fare un solo nome. O nel vivo della crisi dei rifiuti, quando c’era invece da placare la rabbia di tutti, ad ogni angolo di strada. Fecero opera di servizio e contribuirono a dare un’idea plurale dello Stato. Difficile, ora, credere che per i parlamentari, seppure in modalità maschera anti-virus, non ci sia più nulla da fare. E sarebbe il colmo se chi, già ritiratosi dal fronte della crisi sanitaria, facesse lo stesso anche da quello prossimo venturo: il fronte della crisi economica.