Gestire l’emergenza e in contemporanea avviare la ricostruzione: la sfida che ha davanti il generale dell’Esercito Francesco Paolo Figliuolo, da un paio di settimane Commissario straordinario per la ricostruzione della Romagna alluvionata, è di quelle da far tremare i polsi. Con il piglio deciso dell’uomo di esperienza e forte della credibilità che gli deriva dall’essere riuscito a far vaccinare oltre 50 milioni di italiani, Figliuolo sta iniziando a prendere conoscenza diretta della Romagna.
Perché questa volta dovrà operare a strettissimo contatto con un territorio che non gli è familiare, non è un mistero. E del resto non gli si può fare una colpa se non conosce le colline di Casola Valsenio o quelle della val Montone, per fare due esempi: a questo ruolo di commissario in Romagna non si è candidato, non lo ha chiesto e non aspirava (semmai le sue ambizioni erano di ben altro rango e riguardavano la gerarchia militare).

Con dedizione e senso dello Stato, il generale sta muovendo i primi passi accolto con fiducia dai romagnoli. Ha promesso che sarà «molto aderente al territorio», nella sua prima uscita pubblica, a Ravenna. Sa bene che non c’è tempo da perdere. Bisogna correre sulla messa in sicurezza di argini, corsi d’acqua, canali, fognature, infrastrutture: fra tre mesi saremo nel mezzo dell’autunno, con alta probabilità di precipitazioni intense che potrebbero comportare gravi rischi in un territorio che l’alluvione ha reso molto più vulnerabile di prima dall’alluvione.

Allo stesso tempo ci sono le persone colpite, in attesa di segnali concreti che a 2 mesi dal disastro languono: i primi soldi, 3mila euro a nucleo familiare stanziati dalla Regione, arriveranno in questi giorni. È qualcosa, ma per molti non è neppure un acconto, data l’entità dei danni subiti. E il resto? Al Governo l’onere di rispondere, in fretta.