Il caso
Emilio Fede, un grande giornalista rovinato dalla fissa per Silvio Berlusconi
Un altro che ci fa pena e che un po’ vorremmo prendere un pochino a pedate fra abbracci e baci, è Emilio Fede. C’è della vocazione al ridicolo e al martirio in quest’uomo, per arrivare a farsi capitare tutte le disgrazie che soltanto a lui, Emilio Fede, sono capitate. L’ultima: si è fatto arrestare per reato di compleanno. Spiegatsija, ovvero spiegazione: lui – Fede Emilio – è condannato a un fracco di anni, credo sette, per la faccenda di Ruby nella quale ha fatto la parte del lenone, e procacciatore di zoccole eleganti. A noi quel processo fa tutto orrore e devo dire che sentire adesso il magistrato Palamara dire che bisognerà una buona volta riparlare del clima nel quale certa magistratura ha fatto i processi a Berlusconi, ci ha disposto tutti all’ascolto e siamo qui ad aspettare. Ma insomma, Emilio Fede è ri-finito al gabbio e poi, in considerazione della sua veneranda età, ottantanove anni finiti ieri, era stato destinato ai domiciliari.
E che cosa ha fatto questo nostro amato scemone? Ha preso il treno, la macchina, o quel che è, e ha dato appuntamento a Napoli a sua moglie per festeggiare al ristorante il suo ottantanovesimo compleanno. Dice: ma ha chiesto il permesso? Sì, lui dice che l’ha chiesto. Ma poiché non arrivava in tempo e aveva una cena già stabilita con la sua consorte, anziché fare tutte le reverenze modulari e anziché auto-ammanettarsi preventivamente, quel coglione che cos’ha fatto? Ha fatto finta di essere un normale, un pover’uomo di quasi novant’anni che vuole bere un bicchiere per festeggiare la propria sgangherata vita e non ha rispettato le norme, leggi, statuti, ordinanze. Tutto. E che è successo? È successo che la police – come cantano i bambini francesi – toujour bien enformée, a mis un avis, pompon-pompon, qui diseait comme ca, pom-pon e pompon.
E cioè l’avviso di polizia, tradotto, dice che: lu cusiddettu preggiudicati Fede Emiliu, reticendi, renitendi, cundannatu in via difinitiva – si rippadisce di-fi-ni-ti-va – anziché – giù il cappello e su i manetti, (fati vidìri a li fotografi li manetti) anziché stàsseni a casa suia bonu-bonu senza fari nènti e dari segni anghe minimi di vita anziana, illegalmente si ni curreva cu’ la machina fino a Napule, cu’ la scusa de lu compliranno di 89, detto anghe ginitlìacu, oppuri anniverzàriu di fistiggiari co’ la sua propria mugghièra i cu l’amichi ca ci vululevano fistiggiari a isso suddetto Fede Emilio priggiudicatu pericolusissimu, bandito futtutu, portatore di fìmmine a zonzo. anghe a gena di risturantu, visto letto firmato e trombato, si esequi all’arresti con ferri senza ulderiori inducci.
Voi sapete che non si può fare un oltraggio del genere a una giustizia benfamata come quella italiana. Non si può, perché quella poi è vendicativa e s’incazza e ti viene sotto al tavolo mentre stai a magnà co’ la mugghièra per i tuoi ottantanove anni, che te pare un cameriere e invece no, era un leggiferato che ti fa vedere documenda e aggenda e ti dici: sc’cùseme, “Ma tu ci ll’hai lu permissu di fare a gena cu’ la tu mugghièra ca tu timentighi ca tu si de-te-nu-tu?” No – fece isso preggiudicato gastolano Fede Emilio, di fregante reato – “No, io non ce l’ho ancora però giuri chi lu chiesi u permissu, ma iddi nu mu fecétteru in tempu e io mi volevo festecciare chissu cumplerannu che macàri mi moru prima e non ge n’ho chiù ti gumbleanni ta festeggiàri”.
Allora, dicette a Pulizzia e tutti i forzi dell’ortine e tutti li penitenziati e tutti li servitori della legge e la legge istessa midisima quanto segue e consegue, – levateve in piede, levateve lu cappello, state a capa scoperta e state a ssentì in rispettoso silenzio- chisso decreto ti ordino: Qua si prescrive che, per volere de li signuri suttuscritti, eccetera eccetera, cu tutti li timpri e li bulli e li marchi da cendo lire appiccicati, lei ci seguisse senza fare resistenza con tutti i suoi ottantanove anni di carriera finita a puttane in tutti i sensi, ca nuie la rivugghiamme dentr’ a galera, ccà llì tu devi mànere, quanno ti comannammu nuie. No che fai come cazzo ti pare, e questa mica è na repubblica di banani, qua teniamo manette e cicoria, tutto il mondo ci invidia.
Emilio Fede è stato un grande giornalista. Molto bravo e molto Rai. Poi gli prese la fissa per Berlusconi fino a diventare tedioso per lo stesso Berlusconi che mi disse: «A me questo me l’ha imposto Spadolini che mi disse che era repubblicano e che gli dovevo fare assolutamente questo piacere, ma francamente tutto questo zelo mi imbarazza, ma non posso fare niente perché si è costruito questa fortezza di zelo». E infatti, quando hanno cercato di azzannare il Cavaliere, hanno appeso per i pollici al suo posto il suo cantore, adoratore, adulatore e fine dicitore, quello che Berlusconi lo metteva anche nelle previsioni del tempo, esagerando e facendo crollare lo share del suo tg, ma insomma era diventato una specie di brandy, no di brand, di trend e però gliel’hanno fatta pagare ben cara.
Se sono vere le notizie di agenzia, Fede ha fatto una cosa illecita: non ha aspettato che accogliessero la sua richiesta di libera uscita per una sera in cui festeggiare l’entrata nel suo novantesimo anno, e ha fatto una specie di bravata e forzatura. E però, in questo Paese di legalità assoluta in cui danno il reddito di cittadinanza alla ‘ndrangheta perché lo si ottiene per autocertificazione dichiarando di essere puliti, a lui, lo prendòrno e lo impacchettòrno e lo mandòrno ar gabbio come alla banda della Magliana, che è un’altra storia italiana mentre questa di Emilio Fede è una storia triste, da accanimento su vegliardo davanti alle candeline, e che cazzo, suvvia, andiamo un po’, un minimo di decoro, no?
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