Cazzolate
La leader
Emma Bonino, l’ultima pionera radicale con l’anima di governo
Dopo ore di apprensione, le ultime notizie sul suo ricovero sono confortanti. La sua autorevolezza è stata sempre determinante, a partire dai diritti civili
Nei giorni scorsi abbiamo temuto per la vita di Emma Bonino, poi le notizie sul suo ricovero ci hanno rassicurato. Figura tra le più importanti del radicalismo liberale, è l’ultima esponente di quella pattuglia di Radicali che – nel secolo scorso – introdusse nella politica italiana, con la leadership di un grande ‘’irregolare’’ come Marco Pannella, il tema dei diritti civili (allora considerati dal Pci “un lusso borghese”) e un modo nuovo di fare politica attraverso l’uso dello strumento costituzionale del referendum. I Radicali capirono che con il ricorso alla democrazia diretta sarebbero stati in grado di scompaginare un elettorato di opinione al di fuori dei recinti dei partiti politici, che allora erano delle vere e proprie “monadi senza porte né finestre” che riuscivano a organizzare pezzi di società per gran parte delle attività del vivere quotidiano.
Questa intuizione presentava un ulteriore vantaggio: indipendentemente dal risultato delle urne, il pronunciamento dell’intero elettorato su un tema specifico suscitava – nel merito – un ampio dibattito desinato comunque a rimanere all’ordine del giorno nella società; inoltre il voto regalava a una forza politica fortemente minoritaria – che aveva promosso quell’iniziativa – un consenso (anche in caso di sconfitta) molto più esteso di quello che avrebbe ottenuto in una normale consultazione elettorale. In sostanza i Radicali che alle elezioni politiche – quando decidevano di prendervi parte, magari inventandosi presentazioni sempre diverse e originali – non raggiungevano un risultato superiore a pochi punti percentuali, in occasione di un referendum diventavano rappresentativi di una fetta importante (anche se minoritaria) dell’elettorato.
Solo i Radicali d’antan erano in grado di capire fino in fondo i rapporti politici che intercorrevano tra Bonino e Pannella, il guru, il padre padrone che era accusato – non senza fondamento – di essere come Kronos il Dio terribile, crudele, che uccise Urano e divorò i propri figli per evitare di essere detronizzato. Bonino ebbe sempre un suo spazio di autonomia nel partito e nell’iniziativa politica. Il passaggio chiave tra i due fu quando – dopo il buon esito del partito in occasione delle elezioni europee del 1994 (a traino della campagna “Bonino presidente”) – Pannella decise di interrompere con motivi pretestuosi quel trend favorevole, rifiutando di presentare liste radicali nelle successive elezioni politiche.
Se Pannella rappresentava l’anima di lotta, Bonino è stata in tante circostanze quella di governo, quasi sempre sulla base della sua autorevolezza personale. Femminista ante litteram, non credo che Bonino condivida la deriva che ha assunto la problematica della riproduzione, alla luce delle nuove possibilità consentite dalle tecnologie. Pioniera della legge sull’aborto, Bonino non pensava che quelle norme consentissero un diritto di vita o di morte della donna sul feto che ha in grembo. Qui c’è un punto da chiarire. Quella legge era rivolta a garantire una maternità responsabile e ad evitare – con grande senso pratico – il “male peggiore” dell’aborto clandestino che ha accompagnato per secoli la condizione della donna, mettendone a rischio la salute, la vita e la stessa capacità riproduttiva.
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