Encomi e richieste di arresti, l’indagine sulla ‘Caserma degli orrori’ punta al ruolo dei superiori

I carabinieri della caserma Levante di Piacenza arrestati nei giorni scorsi per i pestaggi, le torture e il traffico di droga gestito in accordo con pusher locali, nel 2018 avevano ricevuto un encomio solenne. Il riconoscimento era stato conferito durante la festa per i 204 anni della Fondazione dell’Arma dei Carabinieri dal comandante della Legione Emilia-Romagna ed era destinato “alle stazioni che si erano particolarmente distinte nell’espletamento del servizio istituzionale rappresentando un punto di riferimento costante e certo per la sicurezza delle rispettive cittadinanze, con particolare riguardo alla tutela delle fasce deboli”.

Anche su questo ‘particolare’ dovrà fare luce l’inchiesta interna avviata dal comando generale dell‘Arma per verificare chi segnalò il lavoro dei militari di Piacenza, che avevano trasformata la caserma Levante in un centro di violenze e traffico di droga. Ma le inchiesta parallele sono ormai tre: a quella della Procura di Piacenza si è aggiunta quella interna alla stessa Arma e quella della Procura Militare di Verona, competente su Piacenza, che come riferito dal procuratore Stanislao Saeli ha già “ravvisato gli estremi per reati militari”.

L’indagine sui fatti di Piacenza è quindi solo agli inizi: sono tante infatti le persone informate sui fatti, soprattutto colleghi degli arrestati, che verranno sentiti nelle prossime settimane. Il giudice che ha ordinato i sei arresti scrive infatti che “le indagini sono ancora in corso e hanno lo specifico obiettivo di chiarire fino in fondo quale sia stato il livello di consapevolezza e di partecipazione degli ufficiali nelle attività illecite commesse dai carabinieri in servizio presso la Stazione Piacenza Levante”. Il riferimento è al maresciallo a capo della Stazione, Marco Orlando, e al maggiore comandante della Compagnia, Stefano Bezzeccheri, entrambi sospesi e indagati.

Dalle intercettazioni in particolare emerge una vicinanza particolare tra Giuseppe Montella, l’appuntato a capo del gruppo secondo la Procura, e Bezzeccheri. Quest’ultimo avrebbe spinto i sottoposti, scavalcando anche il comandante della Stazione, a realizzare più arresti per superare nei numeri le vicine Compagnie di Bobbio e Rivergaro. Il 5 marzo scorso, non sapendo di essere intercettato, parla con Montella e spiega: “Perché io so’ fatto così Montè, a Rivergaro e a Bobbio gli devo fare un culo così… È una questione di orgoglio, perché mi gira il culo che gente che rispetto a voi non vale un cazzo fanno i figurini col colonnello, col comandante della Legione, eccetera eccetera”. E “Montè”, come viene chiamato l’appuntato, promette di “farne il più possibile, anche prossima settimana, almeno di farne altre tre-quattro”.

Ma gli accertamenti, quelli interni all’Arma e non solo, potrebbero arrivare ancora più in alto, a partire dai colonnelli Corrado Scarretico, Michele Piras e Stefano Savo, i tre comandanti provinciali che si sono avvicendanti negli ultimi tre anni a Piacenza.