I due magistrati a processo a Brescia
Eni-Nigeria, i pm De Pasquale e Spadaro rinviati a giudizio: hanno ‘nascosto’ prove agli imputati (poi assolti)

Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, procuratore aggiunto a Milano il primo ed ex pm (ora alla procura europea) il secondo, sono stati rinviati a giudizio a Brescia con l’accusa di rifiuto di atti d’ufficio in relazione all’inchiesta condotta dai due sul caso Eni-Nigeria, la presunta maxi tangente per il giacimento petrolifero nigeriano Opl245.
I due magistrati, in sostanza, avrebbero nascosto prove potenzialmente favorevoli alla difesa, col processo che vedeva ‘alla sbarra’ tra gli altri l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, poi assolto come tutti gli altri imputati in un processo che diventerà uno dei più grandi flop della procura milanese.
A deciderlo è stato il gup bresciano Christian Colombo, accogliendo così l’ipotesi dei pm Donato Greco e Francesco Milanesi, col dibattimento fissato al prossimo 16 marzo.
Secondo la ricostruzione ribadita anche questa mattina in aula, i due pm milanesi rinviati a giudizio non hanno “volontariamente” depositato alle difese prove favorevoli agli imputati al processo sulla vicenda nigeriana raccolte dal pm Paolo Storari, che invece stava indagando sul fascicolo parallelo, quello del cosiddetto “falso complotto”.
In particolare Spadaro e De Pasquale sono accusati di non aver depositato le vere chat del telefono dell’ex dirigente Eni Vincenzo Armanna, dalle quali sarebbe emerso un suo rapporto patrimoniale di 50.000 dollari con il teste che doveva confermarne le accuse a Eni, il presunto 007 nigeriano ‘Victor’, di aver taciuto su altri scambi di messaggi che avrebbero potuto far comprendere il ruolo di depistatore di Armanna e per il mancato deposito della videoregistrazione ‘clandestina’ di un incontro con l’avvocato esterno di Eni Piero Amara nel quale Armanna, due giorni prima di presentarsi in procura con le prime accuse ai vertici Eni, si diceva pronto a volerli fare coprire da “una valanga di m…“.
I due neo-imputati hanno sempre negato ogni addebito e nell’ultima udienza del 2 novembre scorso avevano ribadito ancora una volta di aver “operato nel pieno rispetto dei doveri d’ufficio”.
Nel suo intervento l’avvocato difensore di De Pasquale e Spadaro, Caterina Malavenda, ne aveva chiesto il proscioglimento sottolineando che i due si erano sempre mossi nei margini della “discrezionalità” concessa a chi indaga, viste le modalità di trasmissione avrebbero avuto validi motivi per non depositare i documenti condivisi dal pm Paolo Storari e, inoltre, avrebbero informato della questione l’allora procuratore Greco e la vice Laura Pedio.
© Riproduzione riservata