Di grandi compositori di musica per il cinema l’Italia ne vanta molti e tutti di altissimo livello. Ennio Morricone era però un caso unico. Più di ogni altro ha rotto un confine dopo l’altro: ha marcato la grande musica italiana degli anni 60, si è imposto come musicista originalissimo con il cinema di Sergio Leone all’inizio ma colonizzando poi tutti i generi del cinema italiano a cavallo tra i ‘60 e i ‘70. E’ sbarcato a Hollywood con un impeto da Italian Invasion quale non si era mai visto prima e non si sarebbe più visto in seguito. Sarebbe bastato a fargli meritare la marea di premi, i 10 David di Donatello, i 3 Grammy, i 4 Golden Globes il Leone d’oro e l’oscar alla Carriera, assegnatogli nel 2007. Ma la musica di Morricone è andata oltre i limiti sia della musica da film che di quella da accademia. Per anni i Ramones hanno aperto i loro concerti con il tema di Il buono, il brutto e il cattivo. Scrittori innamorati del rock come Stephen King lo hanno commentato ed esaltato. E’ passato con disinvoltura negata a quasi tutti gli altri da una generazione di cineasti all’altra. Il secondo Oscar e il quarto golden globe li aveva vinti quattro anni fa per The Hateful Eights di Quentin Tarantino, uno dei registi che erano cresciuti e poi avevano fatto propria la sua musica. Come ha segnalato ieri Dario Argento, uno dei principali registi per cui aveva lavorato nella fase dorata del cinema italiano di genere, Ennio Morricone è stato e resterà una rockstar.

Ennio Morricone ha lavorato con molti, da De Palma a Carpenter a Tarantino, da Bertolucci a Tornatore a Verdone ma il suo nome resterà per sempre legato soprattutto a quello di Sergio Leone: non solo perché furono i film del creatore del western italiano a dargli la fama mondiale ma soprattutto perché senza quella musica quei film non sarebbero esistiti o non sarebbero comunque stati la stessa cosa. La tromba del grandissimo Michele Lacerenza segna Per un pugno di dollari, il film costato nel 1964 quattro soldi e diventato un successo mondiale quasi senza precedenti quanto i primi piani iper-realisti del regista o la freddezza di un Clint Eastwood che fece il vero salto della sua carriera proprio con quel film. Leone quella tromba non la avrebbe voluta. Insisteva per Ninì Rosso, allora sulla cresta dell’onda. Morricone puntò i piedi, si impose e il risultato prova che aveva ragione lui.

Eppure in quel 1964, con ancora tutta l’infinita serie di grandi film di cui avrebbe scritto la musica ancora davanti a lui, Ennio Morricone era già una stella diprima grandezza. Sarebbe ricordato comunque come uno dei principali autori della musica leggera italiana degli anni ‘60, quella che a oltre mezzo secolo di distanza ancora tutti ricordano, tutti canticchiano. Nato a Roma nel 1928, diplomatosi come trombettista a santa Cecilia, aveva cominciato a comporre per il cinema nel 1955 ma al successo era arrivato nel 1962 con le storiche canzoni per l’estate di Edoardo Vianello: Con le pinne fucile ed occhiali, Guarda come dondolo, Abbronzatissima. Poi sarebbero arrivate Sapore di sale, Il Mondo, il capolavoro di Mina E se telefonando, ispirato dal suono delle sirene delle macchine della polizia francese, ascoltate di sfuggita a Parigi insieme a Maurizio Costanzo: “Mi sa che ci faccio una canzone”: furono le prime note di E se telefonando. Poi l’incontro con Leone: quelle sei colonne sonore, la Trilogia del dollaro e poi C’era una volta il West, Giù la testa, C’era una volta in America che sarebbero bastate da sole a siglare una grandissima carriera e che nella produzione di Morricone sono solo una parte, sia pur eminente.

Ennio Morricone è stato un grande musicista e un grande autore di canzoni e tuttavia è giusto ricordarlo soprattutto come autore di musica per lo schermo, perché gli si deve il massimo riconoscimento che si possa tributare a un compositore di colonne sonore: quello di essere a tutti gli effetti coautore dell’intero film, non solo della sua musica, e quello di aver ispirato con le sue note un modo non solo di fare musica ma anche di fare cinema.