L'intervista
Enrico Costa contro Nordio: “Ha dismesso i panni del giurista, ora deve scegliere se galleggiare o lasciare il segno. Voto segreto? L’unica strada per le riforme liberali”
Commissariato, minacciato di sostituzione al prossimo rimpasto? Cosa succede al Ministro Nordio? Ne parliamo con Enrico Costa, Già viceministro alla Giustizia e poi ministro per gli Affari regionali per il Governo Renzi e deputato da cinque legislature. Costa è oggi il vicesegretario di Azione e il responsabile del dipartimento Giustizia del partito di Carlo Calenda.
Nordio deve tornare a fare Nordio?
«Noi lo abbiamo applaudito quando si è insediato e ha fatto un discorso apprezzabile davanti alla Commissione Giustizia: molto fermo, chiaro e coraggioso su una serie di temi che i vari ministri della Giustizia avevano sempre cercato di non maneggiare o maneggiare con fin troppa cura».
Chi o cosa impedisce a Nordio di fare Nordio?
«Penso che tocchi a Nordio scegliere se galleggiare o lasciare il segno. Comprendo che non si possa trasformare in norma ogni sua convinzione. Però mi sembra che lui abbia un po’ dismesso i panni del giurista e stia vestendo sin troppo i panni del politico, rinunciando ad affermare la sua identità. A forza di mediazioni, si perde forza e linea riconoscibile».
È diventato troppo politico?
«Fare politica significa anche dire dei no, quando vanno contro le tue convinzioni. Significa astenersi dal fare le cose in conflitto con la propria storia. Sul premierato, il rapporto tra separazione delle carriere e premierato ha visto soccombere la separazione delle carriere. Mi sarei aspettato un Nordio che batte i pugni sul tavolo. Invece ha prevalso l’accondiscendenza. Io mi batto perché il pensiero di Nordio prevalga, perché so che è il mio stesso pensiero. Quelli che in Parlamento vogliono la separazione delle carriere sono la stragrande maggioranza. Dobbiamo farla emergere».
Con il voto segreto avremmo una legislazione garantista?
«Se in aula votassimo sempre con il voto segreto sulla Giustizia, avremmo una serie di riforme molto liberali. La mia proposta di non pubblicare le ordinanze di custodia cautelare alla lettera, perché è passata? Il governo era orientato a dirmi di no. Ma ho costruito quella proposta con un emendamento a scrutinio segreto che sarebbe passato, e allora il Governo ha accettato di discutere, c’è stata una riformulazione e siamo arrivati ad approvarlo. Certe riforme o le fa il Governo o deve essere il Parlamento a spingere per approvarle».
Una strategia carsica per unire i garantisti sottotraccia e arrivare a dama?
«Sì, adesso proporrò una gragnuola di voti segreti e non scenderò a compromessi. Ovvio che non potrò applicare questo schema alla separazione delle carriere».
Costruire il polo Nordio?
«Chiamiamolo polo per una giustizia liberale e incoraggiarlo ad affrontare quegli snodi centrali sui quali per quieto vivere lo vediamo titubante».
Se si votasse l’abolizione dell’abuso d’ufficio a scrutinio segreto, quindi…
«Avremmo l’85% del Parlamento a favore. Da parte del Pd e credo anche di molti Cinque Stelle. E se con lo stesso metodo mettessimo ai voti la fine dell’abuso della custodia cautelare, avremmo lo stesso risultato».
Uno snodo centrale è il potere dei magistrati fuori ruolo, una casta di decisori politici non eletti da nessuno.
«Da lì dovremmo partire, e la situazione mi lascia sbigottito. Ci sono stati ripetuti tentativi di condizionamento sugli iter legislativi dei magistrati che provano a portare dalla loro parte i provvedimenti che non condividono. E Nordio che fa? Lascia crescere nella pancia dell’esecutivo, plotoni di magistrati fuori ruolo che provano a condizionare la politica seguendo il loro schema culturale. La separazione dei poteri viene svilita».
Un tema delicatissimo per la tenuta democratica, mi spieghi meglio.
«Noi avevamo costruito grazie alla legge Cartabia una delega per la riduzione di queste figure ibride, a cavallo tra potere giudiziario e esecutivo. Avevamo alzato la palla al ministro: Nordio doveva solo schiacciarla, con la firma su un decreto legislativo. Invece viene fuori un atto debolissimo che li riduce da 200 a 180 e addirittura regala una deroga a quelli che stanno già nei ministeri».
Ha incardinato una casta di Mandarini…
«Di più! Quando arriva alla Camera questo provvedimento, la maggioranza scrive che questa riduzione minima entra in vigore tra due anni. È il segno che il Governo si è arreso al quieto vivere. Non c’è coraggio, non c’è identità».
E mentre silenziano il ministro garantista, dilaga il panpenalismo.
«Tutto diventa reato, si moltiplicano le fattispecie e si innalzano le pene. Con quale risultato? Nell’immediato, ottengono bei titoli di giornale, e la gente ha la sensazione che il governo faccia “giri di vite” su questo e quello. In realtà si intasa il sistema e si ingolfano i tribunali. Finendo con l’impedire ai processi di compiersi».
E questa è una battaglia di civiltà.
«Ce n’è anche un’altra a cui tengo: è una cosa sbagliatissima usare la giustizia come clava contro l’avversario politico. Il garantista deve essere garantista sempre. Lo spirito che anima le mie proposte è che lo Stato deve essere messo in condizione di chiamare le persone a rispondere dei reati. Ma quando ne una persona esce da innocente deve essere come immagine, reputazione e portafoglio la stessa persona che era prima di entrare nell’ingranaggio giudiziario. Oggi non è così».
Il fascicolo di valutazione dei magistrati è un altro problema.
«È pieno di processi che non avrebbero mai dovuto iniziare. Il 50% dei procedimenti aperti da Pm con citazione diretta si risolve in assoluzioni. Perché questo non entra nelle valutazioni? Perché le inchieste flop non entrano nelle valutazioni? Se via Arenula assegna a una commissione fatto da 18 magistrati, 5 professori e 3 avvocati il compito di rivedere il meccanismo di valutazione, come si può pensare che andrà a finire? E questo vale per quelli che stanno al governo ma sono silenti. Fanno belle affermazioni di principio nelle interviste, ma poi nella realtà sono silenti».
Si parla di sostituire Nordio, girano già dei nomi…
«Io non auspico rimpasti, sto all’opposizione. Auspico che quegli annunci fatti da Nordio, dei quali siamo diventati noi i difensori, diventino atti di legge. La proposta di legge sulla separazione delle carriere è la mia. La prima proposta di legge sulla riforma della prescrizione è la mia. Ora è in Senato, speriamo non si disperda. Sulla custodia cautelare le proposte nel Ddl Nordio sono mie proposte già dalla scorsa legislatura. Lo stimolo lo diamo, le cose le portiamo avanti. Però facciamo una fatica improba anche quando siamo in asse con il Ministro. Un bel paradosso».
Cosa pensa della commissione di inchiesta sul caso dossieraggio?
«Non sono contrario alla commissione d’inchiesta, ma la considero intempestiva e frenante. Per approvarla passerebbe almeno un anno, tempo sufficiente per far scattare l’oblio. Piuttosto, mi chiedo perché non siano stati attivati i poteri ispettivi del Ministero della Giustizia».
Intesa tra garantisti in Parlamento, diceva. Ma con il terzo polo, con Iv e +Europa in vista delle Europee, nessun accordo?
«Sono sempre stato un terzopolista convinto. Per scardinare il bipolarismo insano e radicale che c’è in questo Paese ci deve essere un progetto organico comune, che è fallito e di questo sono molto dispiaciuto».
Su Renzi i veti hanno senso?
«Sono amico di Renzi, sono stato suo ministro e ho lavorato molto bene con lui».
Il terzo polo è fallito per sempre?
«Sono molto contento di occuparmi di giustizia. Ma in politica mai dire mai», dice. E si ferma qua.
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