Quanto è triste la verità
Enrico Sanchez e Pedro Letta: remuntada tattica in Spagna, vendetta e tracollo in Italia. L’editoriale di Matteo Renzi
Pedro Sanchez è stato confermato alla guida del Governo spagnolo raggiungendo dopo un complicatissimo iter la maggioranza assoluta. Il fatto di aver offerto l’amnistia ai catalani, rimangiandosi le promesse del passato, è un tema politicamente delicato che abbiamo affrontato a lungo in queste settimane, anche sul Riformista. Perché oggettivamente l’accordo di maggioranza che ha portato alla formazione del Governo è diverso da quelli del passato e infrange alcuni tabù della politica iberica. Vedremo nei prossimi mesi se la coesistenza delle forze politiche che sostengono l’esecutivo sarà facile e sostenibile.
Ma questa premessa non toglie nulla al capolavoro tattico che Sanchez ha fatto, realizzando una rimonta che sembrava impossibile. Per rimanere dalle parti di Barcellona e del Camp Nou una “remuntada” storica. Agevolata, va da sé, dalla campagna elettorale suicida di Vox che ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Si pone tra l’altro un tema scaramantico dalle parti di Palazzo Chigi: i candidati che sostiene la Meloni partono favoriti e poi perdono a sorpresa. Dopo l’amato Santiago Abiscal, infatti, la Premier non ha portato fortuna nemmeno al polacco Morawiecki, il cui partito è riuscito a perdere un’elezione che sembrava già vinta rimettendo in sella il desaparecido Donald Tusk. E se è vero che non c’è due senza tre, al 10 di Downing Street dovrebbero iniziare con i corni rossi napoletani e altri gesti apotropaici pensando che il nuovo beniamino di “Sono Giorgia” è l’inglese Sunak: stai a vedere che nel 2024 il sostegno della Meloni riporta alla vittoria persino i laburisti inglesi.
Quello che interessa sottolineare qui tuttavia non riguarda la sinistra spagnola o la destra europea ma la sinistra italiana. Pedro Sanchez si è trovato a gestire una situazione simile a quella di Enrico Letta: sembrava destinato a perdere ma ha usato le armi della tattica per unire tutti contro Vox, e di conseguenza indebolire il Partito Popolare. E alla fine ha cucito su di sé un abito forse rattoppato ma con il quale ha potuto vincere la sfida parlamentare. Enrico Letta è arrivato in campagna elettorale nelle stesse condizioni di Sanchez. Ma anziché far prevalere le ragioni della politica, unendo e non dividendo, si è impegnato nel togliersi i sassolini dalle scarpe. Ha pensato bene di vendicarsi di presunti torti subiti in passato. Ha messo tanti veti e preso pochi voti. E alla fine? Alla fine ha consegnato Palazzo Chigi a Giorgia Meloni. Perché diciamolo chiaramente: con il 26% il partito di Meloni ha preso più o meno gli stessi voti di Bersani e Beppe Grillo del 2013. E molti meno di Veltroni nel 2008. Se è al Governo, è solo perché la sinistra italiana aveva un Letta e non un Sanchez. Se Sanchez si fosse chiamato Enrico oggi al Governo di Madrid ci sarebbe la destra. Se Letta si fosse chiamato Pedro, oggi a Palazzo Chigi ci sarebbe ancora Draghi e la Meloni urlerebbe dall’opposizione. Quanto è triste la verità.
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