Dopo la gogna il giornalista racconta la sua versione
Enrico Varriale si difende dall’accusa di violenze: “Ho sbagliato ma non sono un mostro, ecco com’è andata”
“Lo so che è successo qualcosa che non doveva succedere. O, meglio, che ho fatto qualcosa che non dovevo fare. Ma so anche che non sono il mostro di Milwaukee e penso che sia giusto dire come sono andati davvero i fatti”. Così Enrico Varriale ha deciso di raccontare la sua versione di come andò quella lite per gelosia che gli è costata l’accusa di aver sbattuto l’ex compagna al muro prendendola a calci. Il giornalista ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti dopo la terribile “gogna che mi ha sconquassato”.
“Il gip ha accolto la tesi della Signora. Ha riportato solo quella. E per questo motivo, insieme ai miei avvocati Fabio Lattanzi e Stefano Maranella, ho deciso di affrontare il processo con rito ordinario. Così avrò modo di raccontare l’intera storia in un dibattimento. Non per attenuare le mie responsabilità, ma per affermare un concetto semplice: ho sbagliato ma non sono un mostro”, dice Varriale.
Il giornalista nell’intervista spiega che non era a conoscenza delle denunce della sua ex compagna e dell’inchiesta a suo carico. Lo seppe solo il 27 settembre quando due poliziotti gli notificarono il provvedimento del Gip. Due giorni dopo era tutto sui giornali. “Nessuno mi aveva sentito, nessuno mi aveva chiesto niente. Un copia e incolla della denuncia della controparte. Una gogna che mi ha sconquassato”, racconta.
Varriale racconta la sua travagliata storia con l’ex compagna, una donna sposata che aveva difficoltà a lasciare il marito per stare stabilmente con lui. “A un certo punto le ho chiesto di scegliere, un rapporto saltuario non mi interessava. Così le ho detto: dopo gli Europei prendi una decisione o la finiamo qui”, continua il racconto.
Racconta di un escalation di liti per la gelosia: “Il 29 luglio, al ritorno dagli Europei, ci vediamo a Roma per decidere se fare qualche giorno di vacanza insieme. Mi avevano invitato in Costiera amalfitana alcuni amici. Quella sera lei ha visto che avevo cambiato password al computer, prima usavo il suo nome, e ha dato ai matti… In un impeto di gelosia mi ha tirato il computer in faccia. Poi però abbiamo fatto pace e siamo partiti per la Costiera, in vacanza insieme”. E ancora: “Il 5 agosto a sera mi ha raggiunto. Eravamo a casa sua, lei stava rifacendo il letto mi ha provocato. Ha cominciato ad accennare ad avventure che avevo avuto… lei aveva visto su Fb una foto di me con un’altra”.
Liti che poi sono culminate nella presunta aggressione che Varriale descrive come una violenta colluttazione da parte di entrambi. “La sera del 5 non sono caduto nelle provocazioni e me ne sono andato” ma il giorno dopo, il 6, “Di quel giorno voglio dire due cose. La prima: non le ho mai messo le mani al collo. Al Gemelli le hanno fatto una prognosi, di cinque giorni”. Fa riferimento al documento rilasciato dall’ospedale in cui si parla di ecchimosi agli arti superiori, una contusione al gomito e un’abrasione alla base del collo. “La seconda cosa è che ci siamo colpiti tutti e due. Non l’ho picchiata. È stato un litigio. Alla fine avevo l’occhio pesto, quello messo peggio ero io”.
“Non deve capitare. Ammetto che è capitato. Non mi sono controllato. Ci siamo colpiti. Ma quello che è capitato, di cui mi vergogno, va inserito nel giusto contesto. Non sono un violento, non sono uno stalker, non ho provato a strangolarla”.
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