Caro Enzo,

ricordi? Sono passati più di quarant’anni da quando Marco Pannella volle che Tu mi conoscessi. Credo avvenne negli uffici del gruppo radicale alla Camera.

Muovevo i primi passi da procuratore legale, e soprattutto mi occupavo molto di diffamazione e tutela della identità personale con la Fondazione Calamandrei, che Marco aveva costituito destinando ad essa i denari del finanziamento pubblico al partito. Tu volevi combattere non solo nel processo in aula, ma anche contro il linciaggio mediatico che procedeva implacabile. Articoli di una violenza inconcepibile. Eri colpevole e basta, un infame trafficante di droga per conto della camorra napoletana (!!!), dietro le sembianze perbeniste di un borghese colto.

Indimenticabile la copertina di quel famoso settimanale per famiglie, il più famoso allora, con il tuo volto ingrandito a tutta pagina, ad evidenziare le vitiligini sul naso quale prova del tuo abuso di cocaina. Fango, menzogne, cronaca giudiziaria pilotata a tonnellate. Io scrivevo querele, tu le firmavi, e io in giro a costituire parte civile il mercante di morte più odiato d’Italia.

Oggi, stemperata a fatica la nausea, provo quasi un sentimento di tenerezza per quelle imprese impossibili. Poi, quando il calvario finì con la tua definitiva assoluzione, già segnato profondamente dalla malattia, affidasti a me ed a Enzo Zeno Zencovich la causa di responsabilità civile dei magistrati che ti avevano massacrato. Altra “mission impossible”, ovviamente, figuriamoci.

Anzi, tu non lo sai ma appena dopo la tua morte, questione di giorni, noi due avvocati fummo imputati di calunnia su denuncia di quei giudici, nel frattempo tutti promossi con encomio, per quanto scritto nell’atto di citazione, e tenuti a bagnomaria un paio di anni prima del proscioglimento.

Va bene, ma non è questo il punto. Voglio dirTi quanto indelebile è rimasto il ricordo della Tua risposta alla nostra un po’ intimidita domanda: quanto chiediamo di risarcimento danni, Enzo? E tu rispondesti ricordandoci quello storico fumetto de “Il Corriere dei Piccoli”: “qui finisce l’avventura del signor Bonaventura”, questo buffo e goffo signore che ne subiva di ogni, ma alla fine veniva sempre risarcito, e tirava fuori un assegno gigante con su scritto “Un milione”. Però va rivalutato, dicesti: 100 miliardi. Dio santo, stavi morendo assassinato, e trovasti la forza per questa conclusione così ferocemente beffarda.
Qui finisce l’avventura del signor Bonaventura.
Ti abbraccio forte.

Gian Domenico Caiazza

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