Solo in Italia. L’Italia è l’unico Paese al mondo a trasformare un’epidemia sanitaria in epidemia giudiziaria. Con la preparazione del processo impossibile. Con l’apertura di fascicoli e la contestazione di reati che potrebbero portare, qualora si arrivasse a condanne, fino a pene per dodici anni di carcere. In Francia il 45% dei decessi per Covid-19 è avvenuto nelle case di riposo. L’opinione pubblica ha fatto pressione perché tutti sapessero che il contagio aveva sterminato la popolazione più anziana, ma a nessuno è venuto in mente di presentare esposti né alcun Pubblico ministero ha aperto un fascicolo.

Lo stesso è accaduto in Belgio, paese che, come l’Italia, vanta una buona reputazione per il suo sistema sanitario e che pure ha visto spazzato via un buon 42% degli ospiti delle Rsa. Cifre analoghe riguardano la situazione in Irlanda, nel Regno Unito e in Usa. Ma il vertice per numero di decessi è stato raggiunto dalla Spagna con il suo 59% nelle case di riposo. Anche lì nessuno ha fatto esposti, e se la magistratura è dovuta intervenire è stato solo perché la Guardia Civile aveva scoperto per caso una serie di anziani abbandonati a se stessi in una casa di riposo di Madrid.

Qui da noi invece abbiamo Pubblici ministeri scatenati in pool che aprono fascicoli e indagano per “epidemia colposa” e “omicidio colposo”, e incriminano un’intera struttura come il Pio Albergo Trivulzio di Milano (e il suo direttore generale), la cui principale “responsabilità” non è penale ma storica, perché ormai trent’anni fa un suo presidente fu sorpreso mentre riscuoteva una piccola tangente. Ma non solo per quello. Il Pat, quello che una volta i milanesi chiamavano Baggina, è un’enormità con 1.500 dipendenti e spesso altrettanti ospiti. La competenza è al 70%, cioè per la quota assistenziale, del Comune di Milano che ne nomina il Presidente, e al 30%, la parte sanitaria, che spetta alla Regione Lombardia.

È luogo d’eccellenza ma anche molto problematico, con sindacati molto corporativi e annose difficoltà a causa di un alto tasso di assenteismo e molti lavoratori “demansionati”. Così spesso tocca ai parenti o a badanti mandate dalle famiglie, accudire l’anziano, sollevarlo e imboccarlo. L’arrivo del virus non poteva che far esplodere la situazione. Anche se non è chiaro, se non per motivi scandalistici, perché si debba parlare solo di questo Istituto, né solo di Milano, visto che i magistrati si sono mossi un po’ in tutta l’Italia del nord, dal Piemonte all’Emilia Romagna, al Veneto e alla Toscana.

A Milano la Guardia di finanza è stata inviata subito a fare perquisizioni a tappeto e a sequestrare decine di faldoni che contengono documenti, cioè pezzi di carta difficili da consultare, perché in tempi di virus processi e inchieste si sviluppano solo per via telematica. Poi ci sono due quotidiani militanti dell’emergenza, Il Fatto e La Repubblica (ma non sono i soli), che appiccano incendi parlando di stragi e di cadaveri fantasma. E poi ci sono parenti incattiviti che vengono portati per mano a denunciare alla magistratura tutti e per qualunque cosa. Perché un congiunto è morto o anche perché non è morto, ma vogliono sapere se è stato ben assistito. E aspettano che glielo dica un Pm. Così tutto finisce in un imbuto, nel palazzo di giustizia, dove tutto è più complicato del solito. Perché c’è stato un incendio che ne ha distrutto due piani, perché si lavora da remoto e anche gli interrogatori dei testimoni, che sono iniziati già ieri con rara e sospetta velocità, avvengono per via telematica.

E anche perché il lavoro del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dei due sostituti che la affiancano è una scommessa difficile, se non impossibile. Magistrati esperti non possono ignorare la difficoltà di dimostrare la commissione di reati come l’epidemia colposa e l’omicidio colposo. Per quel che riguarda le case di riposo si contestano ai dirigenti degli istituti sostanzialmente comportamenti omissivi. Perché non si sarebbero procurati per tempo le mascherine, i guanti e altre forme di presidio sanitario per i dipendenti. In poche parole sarebbero arrivati in ritardo (al Pat per esempio solo in questi giorni si stanno facendo i tamponi) nel proteggere gli anziani e il personale sanitario dalla diffusione del contagio.

Ma nessun pubblico ministero può ignorare la giurisprudenza costante sull’interpretazione dell’articolo 438 del codice penale, che esclude il comportamento omissivo. Cioè, per aver favorito, o anche non aver contenuto, il contagio, occorre un comportamento “commissivo”, attivo, insomma. È il concetto dell’untore: so di esser malato e contagioso, ma mi avvicino a te, ti abbraccio ugualmente. Non lo faccio apposta per contagiarti (nulla di doloso) ma mantengo un comportamento imprudente e ti faccio ammalare. C’è poi anche una sentenza della Cassazione a sezioni riunite che dà un’interpretazione della nozione di epidemia penalmente rilevante molto più restrittiva di quella prevista in ambito sanitario.

E anche i reati di lesioni colpose o di omicidio colposo sono difficilmente dimostrabili, in questo caso, perché occorre sempre dimostrare il nesso di causalità tra un comportamento, anche omissivo, e il risultato. Perché bisognerebbe sapere per ogni paziente quando è stato contagiato e come. Tutto ciò può esser ignorato dal sindacalista o da un figlio disperato per la perdita di un genitore, ma non dai Pubblici Ministeri di Milano e delle altre città dove sono state aperte inchieste. E allora perché stanno avviando una serie di processi impossibili? È il solito circo italico da trent’anni a questa parte, proprio dal giorno dell’arresto di Mario Chiesa al Pio Albergo Trivulzio. Con i Pm che si credono padroni delle sorti del mondo, con i quotidiani e i Tg che alzano le forche e le tricoteuses che sferruzzano digrignando i denti e qualche cretinetto che cerca il risultato politico chiedendo di commissariare un Istituto e anche un’intera Regione. Benvenuti al processo impossibile.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.