Essere editore del quotidiano più autorevole e contemporaneamente della rete televisiva meno politicamente corretta, di questi tempi non dev’essere sempre una passeggiata di salute. Ecco allora che Urbano Cairo, nel presentare il nuovo palinsesto de La7 e tracciare il bilancio della stagione passata, si produce in un esercizio di equilibrio sopraffino. L’inizio dell’affolta conferenza stampa lo mette alla prova, con tre microfoni di fila con non funzionano, ma lui imbocca subito il sentiero del basso profilo che gli consente di disinnescare ogni possibile, insorgente inciampo. Quando dice che La7 attuale è la “migliore di sempre”, mentre cita i buoni ascolti, previene le domande scomode sui conti, dicendo lui stesso che la rete, da quando l’ha in mano lui, ha perso un miliardo, ma che quest’anno, per la prima volta ha fatto segnare un piccolissimo attivo, di centomila euro. Allo stesso modo, quando annuncia il colpo grosso della prossima stagione, ovvero il programma di intrattenimento di prima serata affidato a Flavio Insinna, ammette che le aspettative sono importanti, ma che non è il caso di sbilanciarsi in previsioni di numeri. E visto che prudenza non è mai troppa, rassicura i telespettatori del Tg, in merito alla permanenza alla direzione di Enrico Mentana, ma precisando il contratto è di due anni: “Poi vedrà…”.

Del resto, anche la terza novità, cioè il programma in cui Alessandro Barbero risponderà ai temi posti dai telespettatori, sarà registrato. Insomma, sobrietà innanzi tutto. Con un’eccezione, quando si parla della rai e dell’idea di matrice salviniana, di ridurre il canone, per recuperarne il valore aumentando il tetto della raccolta pubblicitaria. Equilibrato sì, ma quando si tratta di concorrenza, il moderato Urbano un pochino si infiamma. “L’Italia è un caso unico. Negli altri paesi o c’è il canone o c’è la pubblicità. È una situazione molto squilibrata, con una Rai che dovrebbe fare servizio pubblico e per questo beneficiare del canone. Ridurlo per aumentare la pubblicità? Non capisco quale sarebbe il progetto finale. Dico che, considerando il tipo di programmi e gli sforzi economici che facciamo, meriteremmo noi di avere una quota di quel canone.” Lo dice con tutto l’aplomb possibile, ma la polemica c’è e la rivendicazione di servizio pubblico ha in sé una bella botta di orgoglio.

Fino a questo punto, però, non si è parlato di politica e l’uomo sente nell’aria che il tema sta lì, sospeso. Meglio affrontarlo subito, nei modi più opportuni. Quando dalla platea di giornalisti gli viene chiesto cosa ne pensi delle recenti dichiarazioni di Marina Berlusconi e gli si fa notare che ci sarebbe un terzo polo in cerca di un condottiero, parte con una eloquente serie di “Mah… Bah…Voglio dire.” per cucire su di sé quel che pensa degli editori che si mettono in politica: “Va benissimo tutto, c’è libertà… Ma o fai una cosa, o fai l’altra…”. Ed è proprio sulla politica che esce Il Cairo che -pensando a Formigli, a Floris, alla Gruber – non ti aspetti: “La cosa buona che io vedo oggi è che in un mondo con grandi cambiamenti, noi in Italia abbiamo un valore che è la stabilità. La stabilità può consentire a Giorgia Meloni e al governo di fare le cose utili per il Paese, intraprendendo una via di crescita, facendo programmi di lungo periodo. Ci sono temi come quello del calo demografico o la possibilità di fare investimenti, magari al sud, per i quali gli effetti si vedono dopo molto tempo. Per questo la stabilità è oggi un grande valore. Quindi credo che sia bene che il governo vada avanti”.

Ma insomma, l’editore della rete “nemica” del governo che se ne augura la stabilità, definendola un valore? Che smorza le eventuali aspirazioni politiche della concorrenza, dicendo che se hai le tv quello devi fare lasciar stare la politica? Ma che succede? “Da quando sono editore de La7, in pubblico o in privato, tutti i governi si sono lamentati, da Gentiloni, a Renzi, a Conte – rivela Cairo – Vuol dire che siamo semplicemente una tv che fa il suo mestiere, che pone domande”. Stai vedere che, niente niente quest’anno vedremo la Presidente del Consiglio anche da Formigli…

Mario Marchi

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