In un mondo che sembra impazzito, in cui ogni giorno dilagano conflitti sempre più complessi e in cui si sono messi in moto meccanismi autodistruttivi è cruciale seminare e piantare nuove possibilità di crescita ed evoluzione per dare speranza a coloro che verranno. È necessario, sempre più, creare delle strutture di speranza. È per questo che nell’articolo di oggi vorrei non solo analizzare uno strumento già presente a livello europeo ma anche avanzare una proposta per il futuro.

Nell’UE è già attivo il Corpo Europeo di Solidarietà (ESC), prima SVE (Servizio Volontario Europeo): un’esperienza di volontariato internazionale di lungo periodo all’estero. Con tale programma i giovani dai 17 ai 30 anni possono vivere fino a 12 mesi all’estero prestando la propria opera in un’organizzazione no-profit. Il programma, disciplinato dal Regolamento (UE) n. 375/2018 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 febbraio 2018, è finanziato dalla Commissione Europea e ha l’obiettivo di migliorare le competenze dei giovani. La partecipazione è completamente gratuita: è infatti proibito chiedere quote di iscrizione o di partecipazione in qualunque forma ai volontari in partenza, e tantomeno ai candidati per poter partecipare alle selezioni. Le spese di viaggio all’andata e al ritorno vengono rimborsate (è previsto un massimale a seconda della distanza) e vitto e alloggio sono coperti dal programma. Il volontario riceve un pocket money mensile per le piccole spese e ha diritto ad alcuni giorni di “ferie”, oltre al riposo settimanale.

Le attività da svolgere, spaziano in tutti i campi in cui sono attive le organizzazioni no-profit: dall’assistenza ai disabili, agli anziani o agli ammalati all’animazione con i bambini, gli adolescenti o i giovani, dall’educazione ambientale all’ecologia allo sviluppo sostenibile, dalla cultura alle arti, dalla musica al teatro.
È forse proprio su questo modello che si potrebbe pensare, e qui viene la mia proposta, ad un servizio civile ambientale europeo. Questo potrebbe essere uno strumento per sviluppare le competenze necessarie a fronteggiare le future sfide che i cambiamenti climatici ci presenteranno sempre più spesso ed inoltre un mezzo per sviluppare una coscienza civica europea e un più forte senso di comunità a livello europeo. Se l’ESC è volontario si potrebbe pensare invece ad un servizio civile europeo obbligatorio e finanziato dall’UE. Il fine sarebbe quello di acquisire competenze nell’ambito della salvaguardia del patrimonio ambientale europeo, nella capacità di risposta ad eventuali eventi climatici estremi e nel saper fronteggiare emergenze ambientali (uragani, bombe d’acqua, inondazioni, terremoti e in genere eventi estremi) per aiutare le popolazioni colpite. Similmente all’ESC potrebbe svolgersi in qualsiasi paese europeo per il tempo necessario ad assorbire le competenze.

Una volta terminato si potrebbe pensare di connettere ad esso l’ottenimento di un diploma e dei crediti formativi. Questi giovani formati, “sentinelle dell’ambiente” potrebbero diventare un corpo professionale che si mobilita in caso di emergenze . Il modello da utilizzare per la sua organizzazione potrebbe essere quello della protezione civile italiana in cui convergono più corpi specializzati (es. Vigili del fuoco, gruppi di ricerca, polizia, associazioni di volontariato ecc.) con un approccio multidisciplinare, teorico e pratico, ai problemi ambientali. Ogni corpo omologo degli altri paesi europei potrebbe ospitare il partecipante. Non solo tutela e prevenzione, ma anche azione sul campo in caso di emergenza o di situazioni critiche che presentino un rischio imminente per la popolazione e per l’ambiente.
Il servizio civile ambientale potrebbe essere gestito dalla European Environment Agency (EEA) ed avere una durata di almeno tre mesi estensibili qualora vi sia un interesse a costruire un percorso lavorativo nel settore.

Il successo dell’Erasmus è indubbio ma forse oggi dobbiamo pensare anche a strumenti in cui i giovani possano sentirsi responsabili a livello pratico ed in prima persona del futuro dell’Europa e del pianeta. Se Erasmo era il genio che viaggiò tutta l’Europa per comprenderne la cultura e che da il nome all’omonimo progetto culturale europeo oggi abbiamo bisogno anche di un Plinio il vecchio perito nel tentativo di portare soccorso alle popolazioni colpite dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.c. che ha seppellito Pompei ed Ercolano. Sapere e saper fare insieme, Erasmus e progetto Plinius?

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Professore universitario, romano, classe 1984. È laureato in Giurisprudenza ed è dottore di ricerca in filosofia del diritto, politica e morale. Ha lavorato per l’UE e per lo European Patent Office. Attualmente svolge attività di consulenza come Policy Officer per le policies europee. Appassionato di filosofia, cerca, nei suoi scritti, di ridare un respiro esistenziale alla quotidianità e alle sfide politiche