Inizia la corsa di Erdogan alla conquista delle grandi metropoli turche in vista delle elezioni locali del marzo 2024 e scatta subito un’inchiesta del Ministero degli Interni contro il sindaco di İzmir, Tunç Soyer, per “insulto agli ottomani e al sultano Vahdettin”. Mehmed Vahdettin, noto come Mehmet VI, trentaseiesimo e ultimo sultano dell’Impero ottomano, costretto a scappare a bordo di una nave da guerra britannica subito dopo la soppressione del sultanato, è molto caro al presidente tanto che il 29 ottobre, nelle celebrazioni del centenario della Repubblica, ha salutato la marina turca, composta da cento navi, dal palazzo Vahdettin e non da quello di Dolmabahçe, già residenza di Atatürk, come sarebbe stato più consono.
Secondo il quotidiano kemalista Sözcü, il Ministero degli Interni ha nominato due ispettori per indagare sul discorso pronunciato dal sindaco Soyer nel giorno della celebrazione della liberazione di Izmir dall’occupazione greca, avvenuta il 9 settembre 1922. Soyer avrebbe preso di mira lo Stato ottomano e i suoi amministratori, commettendo il reato di “insulto alla memoria del sultano e di incitamento all’odio e all’ostilità”. Gli ispettori stanno esaminando le registrazioni del discorso del sindaco nel quale citava Atatürk dicendo: “Coloro che governarono queste terre furono negligenti, ingannevoli e infidi. Non pensarono mai alle donne, ai bambini o al futuro. Gettarono nel fuoco un’intera nazione solo per proteggere il loro potere. Calpestarono la dignità umana”.
La corsa di Erdogan alle grandi città
Erdoğan intende completare la sua “rivoluzione silenziosa” per soppiantare i valori fondanti della Repubblica laica con quelli che definisce “locali e nazionali”, “turchi e islamici”, per completare il percorso di creazione della “Nuova Turchia”, come ama definirlo e per questo ha necessità di riconquistare i grandi centri urbani a partire dalle tre maggiori metropoli come Istanbul, capitale culturale ed economica, cuore dell’Islam politico, la capitale Ankara e la perla dell’Egeo, la laica Izmir, la città più europea della Turchia. Istanbul e Ankara dal 2019 sono amministrate dal maggior partito d’opposizione, il Partito repubblicano del popolo (Chp) fondato dal padre della patria. Il presidente ha spesso usato l’arma giudiziaria per liberarsi dei suoi avversari più insidiosi, lo ha fatto con il leader curdo Selahattin Demirtaş, in prigione dal 4 novembre del 2016, e con l’attuale sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu, accredidato nei sondaggi di percentuali largamente superiori a quelle del presidente e impossibilitato a candidarsi nelle elezione presidenziali tenutesi nel maggio scorso perché condannato in primo grado a 2 anni e 7 mesi di reclusione con l’interdizione dai pubblici uffici per tutta la durata della pena per sospetto insulto ai giudici del Consiglio supremo elettorale (YSK).
Le elezioni in arrivo
Sembra che il governo turco attacchi sistematicamente le municipalità amministrate dall’opposizione seguendo un calendario ben preciso: cioè man mano che si avvicina una scadenza elettorale. İmamoğlu è accusato anche di aver assunto 1.668 persone sospettate di essere affiliate a ben otto diverse organizzazioni terroristiche, tra queste, il partito autonomista curdo Pkk e altri gruppi estremisti non meglio specificati. Il presidente è convinto di avere una missione storica: imporre una “nuova ideologia ufficiale”. Secondo questa ideologia, il processo di modernizzazione e di secolarizzazione operato negli ultimi 200 anni (con l’eccezione dell’epoca di Abdülhamid II) non è stato altro che un tradimento storico contro l’identità musulmana della nazione e per questo intende scrivere una nuova Costituzione per “correggere i mali della storia’’ e archiviare per sempre la Repubblica laica di Atatürk. L’attuale criminalizzazione di tutte le opposizioni, accusate di minare la sicurezza nazionale, non è solo dunque una strategia elettorale mirante a rafforzare il potere di Erdoğan, ma in realtà costituisce la pietra angolare di questa nuova ideologia ufficiale. Dal momento che “l’interesse nazionale” è definito sulla falsariga di una “missione storica”, semplicemente non può esserci spazio per l’opposizione politica. Questa è la “nuova normalità” in Turchia a cento anni dalla sua fondazione.