Nelle ultime ore, si è tornati a parlare dell’eredità Berlusconi. Ciò a causa della notizia, recentemente trapelata, di una possibile esenzione fiscale spettante ai discendenti. Ci si chiede come un patrimonio cosi ingente (stimato in circa 4 miliardi di euro) possa essere ereditato in esenzione fiscale. La risposta a questo interrogativo può trovarsi nelle disposizioni contenute nel T.U. 346/1990, ove è previsto che i trasferimenti di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni a favore dei discendenti e del coniuge, non sono soggetti all’imposta di successioni.

Nel caso in cui la trasmissione riguardi quote/azioni di società di capitali, il beneficio spetterebbe limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo. In ogni caso, condizione dell’esenzione è che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa e detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Non tutto il patrimonio del Cavaliere verrà dunque trasmesso agli eredi in esenzione fiscale. Quello immobiliare, così come il denaro o i titoli bancari, sconterà (oltre alle imposte ipotecarie e catastali del 3%, dovute solo per i beni immobili), l’imposta di successioni nella misura del: – 4% di quanto ereditato da coniuge e figli, per la parte eccedente la franchigia di 1 milione di euro a ciascuno spettante; – 6% di quanto ereditato da fratelli e sorelle, per la parte eccedente la franchigia 100.000,00 euro a ciascuno spettante; – 8% di quanto ereditato da soggetti non parenti o affini.

A ben guardare, l’esenzione riguarda proprio la parte più consistente del patrimonio ereditario, rappresentata dalle quote e azioni delle holding che gestiscono i principali assets economici della famiglia e che verranno ereditate proprio dai discendenti del Cavaliere.

Ma quale è la ratio di questo beneficio fiscale?
Lo scopo è quello di  favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia, a condizione però che i beneficiari del trasferimento proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.
Attraverso il riconoscimento del benefico fiscale si persegue il più alto fine di conservare la reddittività dell’azienda, evitandone la disgregazione per effetto della sua trasmissione ereditaria.
Analoghe regole sembra non valgano a casa del Vecchio.
In quel caso la trasmissione del patrimonio ereditario (fatta eccezione per le franchigie di legge a favore dei più stretti parenti e del coniuge) non godrà di agevolazioni fiscali.
Ciò, poiché le quote sociali trasmesse, pare, non corrispondano alla maggioranza del capitale e non possano dunque integrare la condizione minima per potere invocare il beneficio fiscale, rappresentata dall’acquisizione o dal mantenimento del controllo dell’azienda sociale.